Candela: “Ho litigato con tutti, ma con Zeman di più. Capello un generale, avevano tutti paura di lui”

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Vincent Candela, ex giocatore della Roma e della Francia, ha rilasciato un’intervista all’edizione odierna della Gazzetta dello Sport. Fra gli argomenti affrontati c’è anche quello legato ai colori giallorossi, molto importanti nella carriera del terzino.Che famiglia era la sua?«Sono originario dell’Occitania, nel sud della Francia. Mia mamma lavorava in una pasticceria, mio papà come magazziniere. Lei di origini italiane, di cognome Merino. Lui invece con ascendenze spagnole. È stato mio papà a insegnarmi a giocare a calcio. Tifavo per l’Olympique Marsiglia, i miei idoli erano Bolì e Chris Waddle. Fino a undici anni giocavo centravanti, facevo tantissimi gol, poi mi hanno spostato a centrocampo e infine terzino (ride). Lì finiscono quelli meno bravi».A ventiquattro anni era alla Roma.«La squadra della mia vita. Ho passato otto stagioni, le migliori. A Roma ci sono rimasto a vivere, i miei figli, due maschi e due femmine, sono nati qua. Ormai sono trent’anni che sto a Roma, ora che ci penso: ho passato più tempo in Italia che in Francia».Lei ha giocato con Totti e Zidane, i due numeri 10 più straordinari della loro epoca. Li fotografi.«Premessa: sono due amici. Francesco aveva una velocità di pensiero strabiliante, un dono di Dio. Ci capivamo al volo: prima ancora che gli arrivasse il pallone, dalla postura del corpo, sapevo dove avrebbe calciato. Forse avrebbe meritato il Pallone d’Oro, all’inizio del 2000, tra l’Europeo con l’Italia – che perse contro di noi in finale – e lo scudetto con la Roma. Calciava con una facilità unica e segnava molto, più di Zidane. Zizou? È stato il Calcio. Credo sia stato il calciatore più elegante mai visto sulla faccia della terra. Aveva il fisico di un gladiatore, ma si muoveva come un ballerino».Con Zeman lei litigava un giorno sì e l’altro pure.(Ride) «Ho litigato con tutti, ma con Zeman di più. Ero giovane: non capivo i gradoni, le corse senza il pallone. Ma ho stima nei suoi confronti, è stato un grande allenatore. E mi ha insegnato il senso del sacrificio, la disciplina».Com’era il rapporto con Capello?«Era un generale, all’inizio i compagni avevano tutti paura. Pure con lui tanti litigi all’inizio, quell’estate stavo per andare all’Inter, poi rimasi a Roma e insieme abbiamo costruito un rapporto favoloso. Ho bei ricordi anche di Galeone e Cosmi, a Udine. E mi sono divertito come un matto nei sei mesi al Bolton, quando lasciai la Roma. L’allenatore era Sam Allardyce, che tipo. Ci diceva: “A me basta che voi vi alleniate il giovedì, venerdì rifinitura e sabato partita”. Una pacchia. C’erano Diouf e Fadiga, N’Gotty e il grande Jay Jay Okocha. Siamo arrivati sesti, in Premier, neanche male. no?».Il momento più bello e il rimpianto della sua carriera.«Ho cominciato a giocare a pallone a cinque anni, sognavo di diventare un maestro di qual-che sport. Non avrei immaginato di fare il percorso che ho fatto. Quando nel 1998 ho vinto il Mondiale con la Francia mi sono sentito realizzato. Alzare la coppa del mondo, lì, nel miopaese, davanti alla mia gente: un sogno. Il rimpianto è stato quello di aver lasciato la Roma, avrei potuto ragionare con più lucidità, magari mettere al servizio la mia esperienza. Ma sono fatto così, decido d’istinto e non amo le sfumature».La Roma non ha più avuto una coppia di terzini come Cafu e Candela.«Due campioni del mondo, mica facile. Cafu è stato il più grande terzino destro del mondo nella storia del calcio recente. Io no, però la mia parte l’ho sempre fatta. Quando attaccava Cafu era irresistibile, diciamo che ogni tanto si dimenticava didifendere».Fonte: Gazzetta dello SportL'articolo Candela: “Ho litigato con tutti, ma con Zeman di più. Capello un generale, avevano tutti paura di lui” proviene da Giallorossi.net | Notizie AS Roma, Calciomercato ed Esclusive.