La terapia genica restituisce la vista a un paziente raro, è la prima volta

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AGI - Per la prima volta al mondo un paziente con la sindrome di Usher di tipo 1B, una rara malattia genetica che si manifesta con cecità e sordità, ha recuperato la vista grazie a un’innovativa terapia genica presso la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”. A un anno dall’intervento, realizzato a luglio 2024, Antonio D'amore ha recuperato la vista è stata recuperata da vicino e da lontano, anche in condizioni di scarsa luminosità.Si tratta della prima dimostrazione dell’efficacia clinica della nuova terapia genica, che nell’istituto partenopeo è stata applicata tra ottobre 2024 e aprile 2025 ad altri 7 pazienti, confermandone tollerabilità e sicurezza. L’annuncio è stato fatto in una conferenza stampa che si è tenuta al rettorato dell’ateneo Vanvitelli. “Ho accettato di essere il primo paziente, non solo per me, ma per tutti quelli che vivono le mie stesse difficoltà”, commenta il paziente. “Prima della terapia genica tutto era confuso, indistinto. Ora – continua – riesco a uscire la sera da solo, riconosco i colleghi, le forme degli oggetti, leggo i sottotitoli in TV anche da lontano, vedo le corsie del magazzino dove lavoro senza inciampare. Non è solo vedere meglio: è iniziare a vivere”.Il 38enne, operato a luglio scorso presso la Clinica Oculistica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, a distanza di un anno non è più ipovedente ed è riemerso dal buio. Aveva una vista inferiore a un decimo e oggi non vede più il mondo come se lo osservasse dal buco della serratura, ma riesce a percepire anche i contorni del campo visivo. Un risultato straordinario ottenuto grazie a un’innovativa modalità di terapia genica messa a punto dell’Istituto Telethon di Genetica e Medicina di Pozzuoli (TIGEM) che è stata impiegata anche su altri 7 pazienti italiani, trattati anch’essi nel centro partenopeo, tra ottobre 2024 e aprile 2025. I dati preliminari di questi 7 casi, confermano tollerabilità e sicurezza dell’approccio e a essi si stanno per aggiungere ulteriori 7 pazienti che saranno operati a breve.“L’intervento di terapia genica non è, in sé, particolarmente complesso”, spiega Francesca Simonelli, ordinaria di Oftalmologia, Direttrice della Clinica Oculistica e Responsabile del Centro di Terapie Avanzate Oculari dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli. “Si svolge in anestesia generale e prevede di iniettare nello spazio al di sotto della retina due vettori virali distinti, che trasportano ciascuno metà dell’informazione genetica necessaria per produrre la proteina che manca nei pazienti. Il recupero dall’intervento – prosegue – è rapido e l’effetto sull’acuità visiva è visibile già dopo pochi giorni: a due settimane di distanza, per esempio, il primo paziente trattato mostrava già un miglioramento della capacità visiva e a un mese era in grado di vedere meglio anche in condizioni di scarsa luminosità. A oggi, di fatto, gli è stata restituita la vista”.Il primo paziente è stato trattato con la dose più bassa prevista nello studio internazionale di fase I/II LUCE-1, sponsorizzato da AAVantgarde Bio, azienda biotecnologica nata nel 2021 come spin-off dell’Istituto della Fondazione Telethon. Lo studio coinvolge, oltre all’Università della Campania Luigi Vanvitelli, il Moorsfield Eye Hospital e la The Retina Clinic di Londra. La clinica partenopea a oggi è l’unica al mondo ad avere iniziato i trattamenti. A breve saranno coinvolti nella sperimentazione altri 7 pazienti, nei quali sarà testato anche un terzo dosaggio più elevato.“I dati preliminari raccolti sugli altri 7 pazienti trattati finora, confermano la sicurezza e tollerabilità della terapia genica”, dice Simonelli. “Non si sono registrati eventi avversi seri a nessuna delle due dosi testate e l’infiammazione oculare osservata in alcuni pazienti è poco frequente, limitata e si risolve con una terapia a base di corticosteroidi. Questi risultati molto incoraggianti – continua – costituiscono una speranza per tanti pazienti con malattie retiniche ereditarie. Il nuovo metodo, frutto della ricerca italiana, potrà aiutare a recuperare o preservare la funzione visiva di chi soffre della sindrome di Usher di tipo 1B, ma anche di pazienti con altre patologie ereditarie dell’occhio che dipendono da difetti in geni che finora non potevano essere trasferiti attraverso le procedure standard di terapia genica”.Alberto Auricchio, direttore del TIGEM e della ricerca di AAVantgarde Bio, oltre che professore ordinario di Genetica medica all’Università Federico II di Napoli, commenta: “L’innovativo trattamento che ha permesso un importante recupero della vista in questo giovane uomo, che oggi ci ha portato la sua testimonianza, è frutto di oltre dieci anni di ricerca condotta al TIGEM grazie al costante supporto della Fondazione Telethon. La terapia genica è oggi una realtà terapeutica per diverse malattie, ma ci sono ancora degli ostacoli che ne limitano l’applicazione: tra questi c’è la capienza limitata dei vettori virali, i virus modificati utilizzati per trasferire nelle cellule dei pazienti versioni corrette dei geni responsabili delle loro patologie. Nel nostro istituto abbiamo sviluppato l’innovativa piattaforma che consente di superare questo limite tecnico e di poter applicare la terapia genica anche in malattie che dipendono da geni troppo ‘grandi’ per essere inseriti nei vettori attuali. Una volta iniettati nella cellula, questi vettori contenenti ciascuno metà delle istruzioni per la proteina terapeutica consentono di produrla nella sua forma completa e funzionante. Oggi celebriamo i primi risultati positivi per la sindrome di Usher di tipo 1B: l’auspicio è di poterli presto replicare anche in altre malattie oculari ereditarie dovute a geni troppo grandi, offrendo così un’opportunità di cura laddove finora era preclusa”.