Carceri, Don Gino Rigoldi: "Al Beccaria meno violenza ma servono più studi per ragazzi e agenti"

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“Questo non è che sia diventato un residence per giovani borghesi, resta un carcere minorile. Però la violenza tra i ragazzi, tra gli agenti e i ragazzi e anche la violenza nei confronti del mobilio è molto diminuita“. Così don Gino Rigoldi, ex cappellano dell’istituto penale minorile Cesare Beccaria di Milano e presidente della Comunità Nuova onlus, commenta il rapporto dell’associazione Antigone che colloca l’istituto milanese in uno degli ultimi posti tra gli Ipm italiani. “Noi cerchiamo di seguire alcune strade per favorire il reinserimento attraverso l’articolo 21, cioè il lavoro esterno, il volontariato”, ha spiegato Rigoldi, sottolineando come oggi il clima all’interno dell’istituto sia “più tranquillo” grazie alla presenza di una “brava comandante degli agenti” e di una “brava direttrice”.Il sacerdote insiste sull’importanza di un progetto educativo che consenta ai giovani detenuti di frequentare la scuola: “Abbiamo gran parte dei ragazzi, soprattutto quelli africani, che sono analfabeti e essere analfabeti oggi è come mancare di una gamba”. Rigoldi ha poi richiamato l’attenzione anche sui bisogni degli agenti di polizia penitenziaria, molti dei quali giovanissimi, di 22 o 23 anni: “Quelli che vogliono studiare, facilitargli gli studi universitari o gli studi superiori, perché la regola è sempre quella: se chi dirige l’orchestra è contento, l’orchestra suona bene. Se invece deve essere quello che apre e chiude le porte è finita. Perché non allearsi con l’università che abbiamo, come quella milanese o di qualunque tipo sia, per nobilitare anche un po’ di più la figura degli agenti?”, conclude Rigoldi.Questo articolo Carceri, Don Gino Rigoldi: "Al Beccaria meno violenza ma servono più studi per ragazzi e agenti" proviene da LaPresse