La vicenda giudiziaria e politica che ha investito le lobbies finanziarie e le personalità apicali di Milano, primo tra tutti l’arci-sindaco Giuseppe Sala, lascia aperte tante belle domande anche soltanto su come si è arrivati a tutto questo.Che si concluda o meno con l’esplosione vera e propria della ‘bolla’ di Milano, della ‘metropoli-premium’ di questi anni, bisognerà pur considerare che un’intera capitale dei mass-media e della cultura, ha perlomeno girato lo sguardo da un’altra parte, se non è stata complice interessata. Con poche eccezioni, due o tre tradottesi persino in pamphlet e molte invece accuratamente sopite.L’intreccio perverso di finanza, edilizia e potere politico, il ruolo chiave di una banca pubblica onnipresente, l’allargamento del nuovo sacco di Milano ai potenziali ‘cani da guardia’ del mondo intellettuale – e non solo con gli inviti ‘a salotto’ -, hanno contribuito a blindare in un clima di consenso la deriva della ‘post-Milano da bere’.Battevano la grancassa i giornaloni e in qualche modo pure i siti cult e radical-chic. Ma dov’erano, per esempio, le variegate tribù dei teatranti para-pubblici, ben pasciute perché stra-finanziati da Stato, Regione, Comune e dalle solite banche, mentre Milano veniva ridisegnata in fretta e furia per il saccheggio degli iper-ricchi e dei soliti potenti? Di che cosa parlavano gli spettacoli, perché tanta ipocrita attenzione a chissà quali problemi sociali di chissà dove, e invece tanta indifferenza nei confronti della realtà più vicina?Al netto della Scala, vecchio luogo del compiacimento alto-borghese e delle cricche di potere, ci sarebbe lo storico Piccolo e quattro o cinque teatri di prim’ordine, i quali, secondo la natura stessa plurisecolare di specchio e coscienza della città, dovrebbero pur svolgere una qualche funzione critica incisiva.Ora, per dire, la magistratura ha messo da poco in luce anche lo schiavismo e lo sfruttamento spietato del lavoro che si nascondono dietro la facciata dell’alta moda. Per vedere uno spettacolo che squarcia il velo sul mondo dei vestiti di lusso si è dovuto aspettare la breve tournée a Milano di Lacrima della francese Caroline Guiela Nguyen, artista associata al Piccolo dal direttore artistico Claudio Longhi.Allievo di Luca Ronconi che sulla critica del turbo-capitalismo aveva speso le sue ultime energie, Longhi invero qualcosina ha tentato di fare anche per rifondare il rapporto del teatro con Milano, proponendo conferenze e incontri in giro per i quartieri, una piccola rassegna di nuove proposte ‘Immersioni’ con Mare Culturale Urbano, due o tre spettacoli nelle periferie, con i fondi europei di ‘Unlock the city’, invero un po’ elitari e astratti.Il primo, di Marta Cuscunà, sui pastori-fischiatori delle Canarie al Parco Porto di Mare, era legato a una transumanza di pecore che poi non c’è stata, l’ultimo, dei Sottorraneo – un gruppo nato a Firenze specializzato in versioni teatrali pop di autori cult – era una sorta di passeggiata-deejay set di tre ore al Corvetto.Intanto s’annuncia la ripresa teatrale con il solito Lino Guanciale del fiabesco Miracolo a Milano di Cesare Zavattini, che Longhi ha affidato alla stesura di uno scrittore di successo, romano e progressista, Paolo Di Paolo. Sarà a lungo nel cartellone autunnale, magari mentre si celebrano i processi sul nuovo sacco edilizio…A ben vedere, nel 2024, almeno il regista Andrea Piazza e l’autore Francesco Toscani – nel ridotto che spetta pro-quota ai giovani talenti premiati e in una sala che fin dall’insegna, Teatro OutOff, si presenta come alternativo – hanno finalmente proposto un gran bel pezzo di teatro che centrava proprio il tema del disagio sociale diffuso nella Milano di oggi. Protagonisti che cercano di resistere alla crudele gentrificazione, un giovane laureato inoccupato che rischia di finire clochard e incontra una bizzarra anziana che si crede Ariel. Il titolo Dopo la Tempesta e i riferimenti shakespeariani espliciti rendevano più accattivante il racconto. Ma è stato un po’ davvero un caso a sé stante.Un esempio dal mondo dell’arte è arrivato invece quando la galleria Lia Summa ha allestito l’inquietante Paradiso di Gian Maria Tosatti negli ex Magazzini Recordati sotto la Stazione Centrale, alla vigilia della settimana del design: barboni per terra negli angoli di un degrado urbano che si rivela poi la casa degli angeli… Apriti, cielo! Il Corriere di Milano se l’è presa per cotanta retorica pauperistica per giunta sfacciatamente sponsorizzata da grandi aziende!E dire che nel resto d’Europa a dire la sua criticamente sulla realtà ci riesce benissimo persino la danza contemporanea, come si può vedere nelle ultime edizioni della Biennale di Venezia. Proprio dalla riproposta in questa rassegna di un piccolo capolavoro della coreografa tedesca Sasha Waltz, ‘In C’, sulle speranze di un nuovo incontro dei corpi alla fine dei lockdown, si poteva notare che personaggi di primissimo piano non solo cercano di uscire dai recinti del balletto proponendo metafore puntuali sull’evoluzione della società ma lottano pubblicamente contro la sordità e l’inazione della classe dirigente politica.Waltz ha promosso un appello contro i nuovi tagli alla cultura annunciati dal governo tedesco ribadendo come “in un mondo sempre più caratterizzato da crisi, paura e polarizzazione, la danza e le discipline artistiche sono anche un luogo di riflessione e resistenza”. Lo avrebbero dovuto essere di più anche a Milano, e forse qualcosa sarebbe potuto cambiare.“In tempi di populismo, l’arte è più che mai un contrappeso necessario – spiega sempre Sasha Waltz nel suo appello – È una piattaforma per mettere in discussione la nostra società, per progettare utopie e sostenere una società aperta e pluralistica”. Peccato che, invece, dopo i disastri dell’appiattimento acritico sui ‘valori’ del turbo-capitalismo, da Starmer a Macron ai socialisti del nuovo governissimo Merz, i leader progressisti inseguono i populisti al punto di dare l’ultima spallata alla cultura che fu loro, per investire in armamenti, contrasto all’immigrazione e pseudo-intelligenza artificiale.L'articolo Con Milano affonda anche la cultura. Dov’è il teatro mentre trionfa il saccheggio degli iper-ricchi? proviene da Il Fatto Quotidiano.