di Dario Rivolta * – Durante il primo mandato di Xi nel 2012 e subito dopo il suo arrivo al potere, in Cina è stata lanciata una imponente campagna contro la corruzione. Che il sistema fosse corrotto a più livelli era non solo vox populi ma sia gli alti livelli del partito che le autorità centrali erano ben consci che la sua pervasiva diffusione stava mettendo a repentaglio la legittimità dello stesso Partito Comunista Cinese. Quasi subito, quattro dei tredici membri del Comitato Permanente Provinciale dello Shanxi, nominati soltanto un anno prima, furono rimossi assieme ad altri di rango inferiore. Nello stesso anno, nello Yunnan sud occidentale, tre dirigenti provinciali del partito furono messi sotto inchiesta. Nell’arco di tre anni alti funzionari in tutte le 31 regioni della Cina furono indagati e rimossi.L’ente incaricato di indagare ed agire contro la corruzione fu la Commissione Centrale per l’Ispezione Disciplinare (CCID), creata per l’occasione per volontà dello stesso Xi. Non si tratta di un’autorità indipendente poiché deve anche rispondere alle autorità superiori o ai leader. Lo scorso novembre un tale Miao Hua che supervisionava l’ideologia e i cambiamenti del personale del Partito Comunista è stato sospeso dall’incarico e messo sotto inchiesta. L’azione del CCID non è limitata agli organi di partito tant’è che dirigenti del settore petrolifero statale e funzionari di altre aziende pubbliche, pure se già pensionati, sono stati messi sotto inchiesta o rimossi. Perfino nell’esercito diversi generali sono stati vittime delle campagne anti corruzione, inclusi due ex ministri della difesa. L’ultimo colpito eccellente in questo settore è stato l’ammiraglio ex capo del dipartimento di lavoro politico della Commissione Militare Centrale che fu licenziato lo scorso anno. Un terzo componente della stessa Commissione è scomparso dalla scena pubblica più di un mese fa.Al XX congresso del partito nel 2022 Xi ha dichiarato: “Finché esisteranno il terreno e le condizioni della corruzione, la lotta contro di essa non potrà fermarsi un solo istante”. Nel 2024 i membri del partito sottoposti a misure disciplinati sono stati 889mila. Per avere un’idea di quanto la lotta alla corruzione sia pervasiva nella società e non si dia tregua ai presunti malfattori, basta sapere che nel 2013 i colpiti dalle inchieste furono solamente (sic!) 182mila. Tra gli indagati del 2024, 92 sono stati funzionari di livello vice ministeriale o superiore. Tra i loro sottoposti 25.000 funzionari si sono costituiti e altri 91mila hanno confessato un qualche crimine. Questi numeri imponenti non devono stupire se si pensa che il Paese ha più di un miliardo e trecento milioni di abitanti.Le forme che la corruzione assume sono le più variegate ma è soprattutto ai livelli locali che la fantasia si esercita maggiormente passando dalla manipolazione degli incentivi fiscali allo “scambio economico” tra funzionari e imprese private, al furto di proprietà o al semplice metodo di “oliare gli ingranaggi”. I risultati della lotta contro i corrotti occupano sempre spazi di rilevanza nei media cinesi ed è stata perfino realizzata una serie tv trasmessa poi in prima serata.Appena iniziata, la campagna aveva visto inizialmente un grande aumento delle indagini per stabilizzarsi nel 2018 ma negli anni successivi i numeri hanno ripreso a crescere e nel 2023 i membri del partito sottoposti a sanzioni disciplinari era già arrivato a 610.000. Nel gennaio di quest’anno Xi ha esortato la CCID a intensificare gli sforzi dando la caccia anche a “mosche” e “formiche”, alludendo in questo modo ai funzionari più piccoli.Una ricerca ha dimostrato che tra i 210 funzionari promossi a posizione di alta responsabilità a partire dal 2013 (quindi a campagna già iniziata) ben 134 risultarono soggetti già corrotti al momento della promozione.Fin qui tutto sembra frutto di una sana volontà di pulizia morale ed economica ma qualcosa fa nascere il sospetto che dietro alla lotta contro la corruzione ci sia anche un intento di “pulizia politica”. Non a caso, il Codice Disciplinare del Partito Comunista Cinese è stato ampliato per volontà di Xi e ora include decine di attività che prima non erano considerate reati. Nelle tre revisioni del 2015, 2018 e 2023 il numero degli articoli del Codice è passato da 133 a 158. Nelle aggiunte del 2015 tra i nuovi reati “corruttivi” è stato incluso anche il “fare commenti irresponsabili sulle politiche governative, formare gruppi politici e opporsi alle indagini”. Tra gli articoli aggiunti nel 2018 è stata imposta la “lealtà a Xi” imponendo a tutti i funzionari di rispettare la sua autorità e la leadership centralizzata del Comitato Centrale. Nuove punizioni sono state previste per faziosità e inosservanza degli ordini politici. La revisione del 2023 colpisce inoltre le persone considerate vicine ai “criminali politici”, cioè a coloro che sfidano le istruzioni calate dal vertice. Un giornalista cinese, forse rischiando del suo, sottolinea che “Prima di Xi, discutere in privato le politiche o le direttive di Pechino era considerato non proprio giusto ma non punibile. Ora è considerato un atto di slealtà con pene molto severe. Con la rete disciplinare molto più ampia e le maglie sempre più strette, è ovvio che siano stati catturati più funzionari”. Per esercitare un ancora maggiore sorveglianza, nel 2018 è stata istituita anche la Commissione Nazionale di Vigilanza che ha assunto si di sé alcune delle funzioni che prima erano esclusive della CCID.Non c’è da stupirsi che in un siffatto clima siano aumentati i casi di “whistleblower” (spioni) e, sapendo come va il mondo, non si può escludere che la “spiata” possa per alcuni diventare la strada per sostituirsi al proprio superiore. La rimozione di alcuni vertici militari o civili incoraggerà i loro subordinati (o i loro concorrenti) a impegnarsi di più per dimostrare a Xi di essere candidati validi. Sicuramente, mentre la lotta alla corruzione costituisce di per sé un bene per l’economia nazionale, rimane forte il sospetto che essa sia utile anche come strumento di potere per eliminare dissidenti o potenziali concorrenti.* Già deputato, è analista geopolitico ed esperto di relazioni e commercio internazionali.