“No alle istituzioni come fortilizi contrapposti”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parla nel corso della cerimonia del Ventaglio, riferendosi al rapporto tra politica e giustizia, e lo fa nel giorno in cui l’ambasciatore russo viene convocato dopo la pubblicazione di una lista di presunti “russofobi”, lista in cui compare anche lo stesso Mattarella (per aver paragonato, mesi fa, l’invasione dell’Ucraina alle guerre del Terzo Reich). Parla, il presidente, evitando parole che possano essere lette come una critica diretta o indiretta all’azione dell’esecutivo in tema di giustizia, e tenendosi – per il ruolo e per quella che appare come sua profonda convinzione – a distanza siderale dalla polemica esacerbata sul tema: le istituzioni, dice Mattarella, non devono avere “l’obiettivo di conquistare spazi in territorio altrui”, devono sentirsi “parte di un sistema – disegnato dalla Costituzione – in cui si rispettano i propri limiti, perché è doveroso e perché in questo rispetto risiede la vera garanzia di tutela dei propri ambiti di attribuzione”. Cita, il presidente, l’“Esprit de lois” di Montesquieu: è necessario avere consapevolezza “di come libertà e uguaglianza trovino garanzia nella distribuzione delle diverse funzioni di potere tra le istituzioni”, e poi si addentra nella terra nuova dell’AI. Si fa invece metaforicamente più vicino al campo di battaglia, Mattarella, quando ricorda il tempo in cui gli stati volevano essere “ammirati” per il loro sistema e stile di vita e non “temuti”, a differenza di oggi, epoca che vede un ritorno al conflitto perenne, nonostante l’umanità debba oggi affrontare “nemici comuni” che sarebbero da combattere con “strumenti comuni”. E tra gli stati che vogliono farsi temere più che ammirare c’è la Russia, con la sua “angosciosa postura aggressiva” in Ucraina, postura che pone “un macigno sulle prospettive del continente europeo e dei suoi giovani”; una Russia che “ha cancellato un equilibrio che garantisce la pace ed evita la guerra”. Il pensiero del presidente va alla Ue (che ha bisogno di un sistema di difesa comune per garantire “l’effettiva sovranità dei paesi membri”), alla “tendenza, da più parti coltivata, di accantonare l’irrinunciabile centralità del multilateralismo” e agli altri mali del tempo presente, tra cui, dice Mattarella, “una diffusa tendenza alla contrapposizione irriducibile, all’intolleranza alle opinioni diverse dalle proprie, al rifugio in slogan superficiali e in pregiudizi, tra i quali riaffiora, gravissimo, l’antisemitismo, che si alimenta anche di stupidità”. Ma il pensiero va anche a Gaza, alla situazione “sempre più grave e intollerabile”. Il presidente ricorda “l’orrore del barbaro attacco di Hamas del 7 ottobre di due anni fa, con tante vittime tra inermi cittadini israeliani e con l’ignobile rapimento di ostaggi”, ma definisce “disumano ridurre alla fame un’intera popolazione” ed esprime “allarme per la semina di sofferenza e di rancore che si sta producendo”. E quando si parla di “errori” nell’uccisione di civili, dice Mattarella, vengono in mente Seneca e Sant’Agostino: “Errare humanun est, perseverare diabolicum”. Ma in questo epoca avvelenata l’antidoto può essere la storia: la “maestra di vita” che, dice Mattarella, può indicare la strada verso un “equilibrio che impedisca di seguire le tentazioni di dominio”.