L’ambasciatore italiano nei Paesi Bassi, Augusto Massari, replica alla procura della Corte Penale Internazionale dell’Aja, che a giugno ha chiesto il deferimento del governo di Roma al consiglio di sicurezza dell’Onu per il caso di Osama Almasri, l’ex capo della polizia giudiziaria libica accusato di crimini contro l’umanità e crimini di guerra che a gennaio 2025 era stato arrestato a Torino sulla base di un mandato della Corte Penale Internazionale ma che poi è stato rilasciato e rimpatriato con un volo di Stato. “L’Italia non ha agito in modo incoerente” e ha avuto un “approccio legittimo e in buona fede alla richiesta della Corte penale internazionale”, si legge nel documento di Massari, lungo 14 pagine. “Almasri è stato rimpatriato in Libia non in esecuzione della richiesta di estradizione, né a seguito di una dichiarazione impropria di ‘inammissibilità’ (che, in ogni caso, rientrerebbe nella competenza della Corte penale internazionale), ma in ottemperanza a un provvedimento di espulsione emesso per motivi di ordine pubblico e sicurezza nazionale legati alla pericolosità del soggetto”, spiega l’ambasciatore. “Il provvedimento di espulsione era l’unico esito possibile a seguito del mancato riconoscimento della validità dell’arresto provvisorio da parte dell’autorità giudiziaria competente e alla luce dell’impossibilità del Ministro della Giustizia di completare la propria analisi e la valutazione della richiesta di estradizione, valutazione che, a causa di molteplici fattori tra cui la sua incertezza, era estremamente complessa (e quindi in un contesto in cui la complessità della valutazione attribuita al Ministro della Giustizia era ontologicamente incompatibile con l’ipotesi di un obbligo di trasmettere immediatamente i documenti al Procuratore Generale presso la Corte d’Appello)”. Insomma, per l’Italia il rimpatrio in Libia di Almasri “era l’unica soluzione praticabile dal punto di vista legale e pratico”.“Autorità esecutive non hanno interferito nella procedura”Nel documento, inoltre, viene precisato che “le competenti autorità esecutive non hanno interferito in alcun modo nella procedura di convalida dell’arresto, rimettendo la questione alla decisione dell’Autorità Giudiziaria, la quale avrebbe potuto autonomamente confermare la detenzione dell’individuo. Pertanto, la liberazione del cittadino libico non può essere attribuita a una mancanza di coordinamento tra gli organi dello Stato, bensì all’esito di un adeguato controllo giurisdizionale – di valutazione della regolarità della procedura (controllo che, per sua stessa natura, può anche portare a un esito negativo), delineato sia dallo Statuto sia dalla legislazione nazionale, caratteristica di uno Stato di diritto”. Il mandato d’arresto, si legge poi nel documento, “conteneva diverse incertezze su elementi chiave dei presunti reati, come le date della loro perpetrazione, che il Procuratore qualifica come meri errori tipografici, senza tuttavia riconoscere che tali elementi sono stati successivamente corretti, insieme ad altri elementi essenziali, tra cui la qualificazione giuridica dei presunti reati. Tali aspetti sono essenziali nel diritto penale e nelle relative questioni procedurali”. Nel testo si ribadisce inoltre che “il governo italiano non ha mai sostenuto che il rimpatrio di Almasri in Libia fosse una conseguenza giuridica ed esecutiva automatica della richiesta di estradizione della Libia. L’Italia ha invece sostenuto che la richiesta di estradizione concorrente (insieme a tutti gli altri e molteplici fattori) costituisse un ulteriore elemento di complessità nell’esame della richiesta di cooperazione della Cpi, in relazione ai relativi effetti giuridici da considerare (incluso il principio di complementarietà), che ha impedito al Governo italiano di completare le proprie valutazioni prima dell’adozione della decisione da parte della Corte d’Appello di Roma. In altre parole, la richiesta di estradizione presentata dalla Libia il 20 gennaio ha ulteriormente complicato l’esame del Ministro della Giustizia“.“L’aereo di Stato? Prassi consolidata in casi analoghi”“L’Italia – è un altro passaggio del documento – non ha mai sostituito la propria sentenza a quella della Cpi, ma si è limitata a precisare le difficoltà intrinseche nella valutazione del caso, in particolare per quanto riguarda l’intelligibilità e la coerenza delle valutazioni sulla giurisdizione contenute nella prima versione del mandato d’arresto (data l’errata indicazione delle date dei presunti reati qui segnalati)”. Inoltre, “ciò che rileva dal punto di vista italiano, e a sostegno della buona fede dell’Italia, è che la valutazione della richiesta della Cpi è stata indubbiamente resa più complessa dalla concorrente richiesta di estradizione presentata dalle autorità libiche, trasmessa attraverso validi canali diplomatici“. La richiesta libica, viene scritto, conteneva “anche una descrizione precisa dei fatti (e delle relative date) oggetto del procedimento interno; fatti che apparivano (sulla base di una valutazione preliminare compatibile con le finalità di un’estradizione passiva e, pertanto, senza la necessità di effettuare la stessa analisi richiesta per l’accertamento della sussistenza dei reati) sovrapponibili a quelli descritti nel mandato della Cpi (pur con le significative incertezze sopra menzionate)”. Infine, una parte del documento si sofferma anche sull’aereo destinato al rimpatrio già preparato diverse ore prima del rilascio di Almasri. “A tale riguardo, tuttavia – si legge -, occorre fare riferimento ai chiarimenti già forniti dal Ministro dell’Interno al Parlamento italiano, dove ha spiegato che la tempestiva disponibilità dell’aereo seguiva la prassi consolidata in casi analoghi ed era motivata da considerazioni pratiche e logistiche (semplicemente legate alla necessità di attendere l’esito del procedimento giudiziario, già programmato). Il fatto che l’aereo fosse rimasto in standby per ore a Torino non ha rilevanza. In effetti, un decreto di espulsione nei confronti dei cittadini libici che accompagnavano il signor Almasri era stato emesso il giorno prima della decisione della Corte d’Appello sul signor Almasri. Di conseguenza, era praticamente ed economicamente ragionevole attendere anche la decisione di convalida giudiziaria su quest’ultimo. Di fatto, l’aereo è partito solo dopo l’imbarco di Almasri, consentendo così l’espulsione simultanea dei cittadini libici con un’unica operazione”.L’accusa della procura della Corte Penale InternazionaleA giugno la procura della Corte penale internazionale, con una relazione di 14 pagine, aveva accusato il governo italiano di “non aver ottemperato ai suoi obblighi” sul caso Almasri e di aver così “impedito alla Corte di esercitare le sue funzioni“, ovvero processarlo. In presenza di un documento concomitante con cui l’ambasciatore libico in Italia chiedeva il rimpatrio dell’uomo, secondo il procuratore de L’Aja “l’Italia sembra aver ritenuto di poter esercitare discrezionalità nel determinare se potesse dare priorità alla richiesta di estradizione della Libia rispetto alla richiesta di consegna della Corte”, mentre “aveva l’obbligo di consultare la Corte e la sua mancata consultazione costituisce di per sé una grave inadempienza“. Per questo la procura della Corte Penale Internazionale ha chiesto “alla Camera di emettere un accertamento formale di inadempienza nei confronti dell’Italia e di deferire la questione all’Assemblea degli Stati parti e/o al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite”.Questo articolo Caso Almasri, l’Italia replica alla procura della Cpi: “Rimpatrio unica soluzione praticabile, no incoerenze” proviene da LaPresse