di Francesca CaroneNell’Europa 2.0 dove si viaggia in compagnia delle tecnologie che supportano su “banda larga” i bisogni economici e logistici della gente; dove è possibile con un solo clic scegliere l’albergo più economico o più lussuoso, il ristorante stellato o quello di tendenza “chetogenico”. Dove l’alta velocità delle Frecce (chiodi permettendo, di salviniana memoria) accorcia le distanze e ti coccola con poltrone comode, caffè e snack, incoraggiando anche i turisti più scettici, fino a quando questi non si trovano catapultati in un bar “scapigliato” di un paesino austriaco ai confini con l’Italia, dove non è assolutamente possibile pagare con la carta di credito. Ma in moneta, da consegnare alla giovane cameriera-cassiera che, munita di un marsupio robusto e resistente legato alla vita, gira sorridente e disinvolta tra i tavoli per riscuotere quanto consumato dai clienti.E allora sì, diventa un po’ difficile dar torto ai turisti “poltrone e sofà” che preferirebbero le mura di casa piuttosto che essere redarguiti dalla titolare di un bar austriaco che pretende il pagamento in moneta. E magari alla fine, ci scappa anche il baratto, forma di scambio già nota agli uomini del Neolitico: il turista magari sarà costretto a consegnare al barista il souvenir appena acquistato nel negozietto di fronte (pagato in modalità bancomat) in cambio di tre bottigliette di acqua da 250 ml e due caffè (quasi 14 euro)!E’ interessante osservare come il progresso, verosimilmente standardizzato e pubblicizzato in tutte le salse social-mediatiche, si fermi in un piccolo bar di Villach, alla porte di Tarvisio, dove un turista, senza volerlo, diventa protagonista di un siparietto pittoresco (ricordando un po’ quello di Totò e Peppino alle prese con il famoso vigile milanese) in cui deve spiegare alla giovane barista, attraverso gesti iconici e un idioma ricco di parolacce nostrane, che non ha moneta, ma solo la carta di credito per il pagamento.Il tutto condito dagli sguardi attoniti e perplessi dei presenti che non capiscono quello che sta succedendo, ma possono comunque interpretare qualcosa dai gesti dello sfortunato avventore e dallo sguardo incapsulato della barista che, senza saperlo, ha fermato inesorabilmente la corsa del famoso progresso europeo nel suo piccolo ed insignificante baretto del Centro storico di Villach.E mentre si consuma la “piéce teatrale” tra barista e turista (peraltro spennato), si apre la “quarta parete” con l’intervento di un turista italiano presente tra i tavoli, che ha capito più o meno tutto, affermando che fuori o dentro al bar non c’è nessuna indicazione sulla modalità di pagamento.E mentre i due attori improvvisati continuano a discutere senza capirsi, gli spettatori si godono lo spettacolo tra un caffè e un sorso di mojito. Qualcuno di loro probabilmente non sa che a breve toccherà a lui interpretare, suo malgrado, il prossimo siparietto accanto alla barista, dal titolo anch’esso improvvisato: “Il barista e il turista: bancomat o moneta”?Prendendo in prestito il titolo di un libro di un grande della letteratura mondiale, L’Idiota di Dostoevskij, un parallelo verrebbe spontaneo! In questo caso però l’aggettivo non è riferito al povero turista, come probabilmente avrebbe fatto Dostoevskij, nell’accezione di purezza e innocenza, così come accade al protagonista del suo libro, il principe Lev Myskin. In questo caso l’aggettivo verrebbe collegato automaticamente all’arrogante barista, e non nel significato benevolo e puro attribuito da Dostoevskij, bensì nel significato “puro” della Treccani: “incompetente, inesperto, incolto”.Foto di Jorge Franganillo (Flickr) https://www.flickr.com/photos/franganillo/54038525892L'articolo Il progresso si ferma in un piccolo bar di Villach, qui si paga solo in moneta proviene da Il Fatto Quotidiano.