Cosa è accaduto in quella casa di Gemona, nella pedemontana friulana in provincia di Udine, per scatenare tanta rabbia e perfino una possibile premeditazione, che hanno portato alla morte violenta di Alessandro Venier, 35 anni, disoccupato, una vita di disagio e senza prospettive, qualche lavoretto per tirare avanti e la voglia di andare in giro per il mondo? La verità potrà emergere solo dall’intreccio dei racconti che saranno forniti al giudice delle indagini preliminari dalle due sospettate di un omicidio feroce, con il corpo dell’uomo fatto a pezzi e chiuso in un bidone dentro il garage, ricoperto di calce per impedire che l’odore della putrefazione potesse allarmare i vicini. Sono la madre e la compagna della vittima, Lorena Venier, di 62 anni, infermiera all’ospedale di Gemona, e Marylin Castro Monsalvo, 30 anni, cittadina colombiana e da sei mesi madre di una bambina. Sono state loro ad avvertire i carabinieri, evidentemente incapaci di sopportare più a lungo il peso del terribile segreto. La verità andrà però incrociata con i dati delle analisi mediche e dei riscontri ambientali, per capire se ci si trovi di fronte a un delitto preparato con cura o all’effetto di un banale litigio in casa, per la cena che l’uomo non aveva preparato, come da lui promesso alle donne.“Invito tutti alla massima cautela”, ha dichiarato Claudia Danelon, il magistrato che sta conducendo l’inchiesta. Non ci sono ancora certezze, ma sospetti e indizi su ciò che potrebbe essere avvenuto tra quelle mura. “Stiamo valutando ogni singolo aspetto di questa vicenda e serve ampliare gli orizzonti e analizzare nel dettaglio le ricostruzioni fornite dalle persone coinvolte, per attribuire correttamente le singole responsabilità”. Il magistrato e i carabinieri vanno con i piedi di piombo, anche perché c’è da ricostruire l’ambiente dove è maturato il dramma. “Il quadro della vicenda famigliare è abbastanza complesso, ma occorre completare tutti gli accertamenti medico-scientifici per poter confermare in tutto o in parte le ammissioni delle persone che si sono auto accusate del delitto”.Un punto fermo è che entrambe hanno confermato di avere ucciso Alessandro, negando però di aver premeditato il gesto. Anzi, hanno detto di essere state aggredite e, quindi, di essersi difese. Tutto sarebbe nato da un litigio, che pare fosse all’ordine del giorno, dovuto al fatto che Alessandro non collaborava alla gestione familiare, lavorava solo di rado e quella sera non aveva preparato la cena come promesso. Naturalmente gli inquirenti vogliono verificare la dinamica e capire se la vittima sia stata drogata o perlomeno intontita per vincerne la resistenza. In quel caso si profilerebbe un omicidio preparato in precedenza. Si tratta di ipotesi da verificare nel corso degli interrogatori, anche perché appare di difficile comprensione il comportamento delle due donne dopo la morte di Alessandro. Se si sono semplicemente difese, perché ne hanno fatto a pezzi il corpo e lo hanno infilato in un bidone, aspettando cinque giorni prima di dare l’allarme?Entrambe sono apparse ai carabinieri piuttosto scosse e in stato confusionale. Per questo il magistrato ha invitato alla prudenza. La situazione familiare era degradata per una serie di motivi concorrenti. Lorena Venier ha cresciuto il figlio di sola, abbandonata dal compagno, un cittadino egiziano, dopo la nascita di Alessandro. La donna ha un lavoro ospedaliero di operatrice socio sanitaria, anche con compiti di addestramento. In famiglia era però l’unica a guadagnare. Il figlio aveva trovato da alcuni anni una compagna, di nazionalità colombiana, da cui ha avuto la figlia nata all’inizio dell’anno. Anche Marylin non aveva un’occupazione fissa, soprattutto dopo aver partorito. La convivenza si era fatta difficile, in una famiglia che dipendeva dal solo stipendio di Lorena Venier. Alla fine la situazione è degenerata.Stupore tra i vicini, che ricordano Alessandro come una persona che non dava problemi nella contrada di Taboga. La bimba di sei mesi è già stata affidata ai Servizi sociali, visto che non vi sono altri parenti prossimi in Italia. “A mia memoria, non è mai successa una cosa del genere qui. È un fatto gravissimo, straziante” ha dichiarato il sindaco di Gemona del Friuli, Roberto Revelant. “Si tratta di un dramma, un dramma molto, molto grave. Adesso la comunità si stringe attorno alla figlia, una bambina molto piccola, perché è lei che ha bisogno di ricostruirsi una vita”. Una vicina, che conosceva Alessandro da quando era bambino, racconta: “Non gli piaceva restare in Italia. Era andato all’estero, specialmente in Colombia, ma era stato anche in Australia. Faceva un po’ di tutto, si arrangiava a fare quello che capitava”. Un’altra vicina: “Vedevo Lorena con la carrozzina passeggiare per la via con la nipotina. E ho visto anche la ragazza camminare con il marsupio”.Dusy Marcolin, presidente della Commissione pari opportunità del Friuli Venezia Giulia, ha commentato: “Invitiamo alla cautela prima di emettere giudizi su una vicenda di cui non si conoscono i contorni. Evidentemente in quella famiglia covavano problemi enormi, sfociati in un gesto di inaudita violenza”.L'articolo Omicidio Gemona, perché le due donne hanno fatto a pezzi Alessandro Venier: la cena non preparata e le indagini sul degrado familiare proviene da Il Fatto Quotidiano.