Brasile. Alla ricerca di un accordo sui dazi statunitensi del 50%

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di Paolo Menchi – Il Brasile si trova ad affrontare una delle sue più delicate crisi commerciali degli ultimi anni: gli Stati Uniti hanno annunciato l’imposizione di dazi punitivi del 50% sui prodotti brasiliani a partire dal 1 agosto. Mentre la data si avvicina inesorabilmente, i negoziati diplomatici sono in stallo e il margine d’azione di Brasilia si restringe sempre di più.Secondo fonti ufficiali e rappresentanti dell’industria, le discussioni ad alto livello non hanno prodotto risultati concreti. Trump ha legato direttamente l’adozione dei dazi al trattamento riservato dal Brasile all’ex presidente Jair Bolsonaro, oggi sotto processo con l’accusa di aver tentato un colpo di Stato per impedire l’insediamento di Lula. Lula che ha definito la minaccia “un ricatto inaccettabile” e ha ribadito che, se Trump volesse davvero dialogare, “alzerebbe il telefono e mi chiamerebbe”.La Casa Bianca non ha fornito commenti ufficiali, ma è evidente che la situazione politica interna del Brasile pesa sulle relazioni bilaterali. Alcuni diplomatici hanno dichiarato che le preoccupazioni di Washington sul processo a Bolsonaro, alleato di Trump, rappresentano un ostacolo fondamentale ai negoziati.Il 9 luglio Trump ha annunciato formalmente la misura, nonostante il surplus commerciale che gli Stati Uniti vantano nei confronti della più grande economia dell’America Latina. I dazi previsti sono tra i più alti al mondo, comparabili solo con quelli imposti alla Cina (55%).Il vicepresidente brasiliano Geraldo Alckmin ha cercato di coinvolgere attivamente grandi aziende statunitensi come General Motors, John Deere e Alphabet per fare pressione sul governo USA. Tuttavia, molte imprese si mostrano riluttanti a opporsi apertamente a Trump, temendo ritorsioni politiche. Secondo Ricardo Alban, presidente della Confederazione Nazionale dell’Industria (CNI), il clima è estremamente teso. Anche alcuni senatori democratici statunitensi hanno definito la misura “un chiaro abuso di potere”.L’impatto economico potrebbe essere devastante. La CNI stima la perdita di oltre 100.000 posti di lavoro e una contrazione del PIL dello 0,2%. Il settore agroindustriale, rappresentato dalla CNA, prevede che le esportazioni verso gli Stati Uniti si dimezzeranno. Alcune aziende stanno già modificando le proprie strategie: il produttore di motori WEG sta valutando la possibilità di usare stabilimenti in Messico e India per continuare a servire il mercato statunitense, mentre l’esportatore di carne Naturafrig ha iniziato a reindirizzare le proprie spedizioni verso altri mercati. Johanna Foods, produttore di succo d’arancia, ha invece avviato un’azione legale contro l’amministrazione Trump.Nel frattempo, il governo brasiliano ha intensificato il dialogo con le imprese. Alckmin ha presieduto due importanti riunioni con rappresentanti dei settori industriale e agricolo, ricevendo indicazioni sulle difficoltà già in atto. Gli imprenditori, pur mostrando fiducia nelle trattative, hanno chiesto al governo di non adottare contromisure immediate, suggerendo piuttosto un rinvio dei dazi.In risposta alla pressione statunitense, il Brasile sta accelerando i suoi sforzi per diversificare i mercati di esportazione. Il segretario all’Agricoltura, Carlos Fávaro, ha ricordato che sotto il governo Lula sono stati aperti ben 393 nuovi mercati, un processo che ora si intensifica. Costa ha annunciato che il governo mira a concludere entro dicembre l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Mercosur, un’opportunità per rilanciare l’industria e l’agricoltura brasiliane.