"Il modello Salis" agita il centro, ma Franceschini silenzia i rumors

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AGI - Certo che una forza moderata di centrosinistra sarebbe utile per vincere, ma la casa di Dario Franceschini rimane il Partito Democratico. Il senatore ed ex ministro sente la necessità di sottolinearlo, per prevenire eventuali retroscena estivi sulla sua reale volontà.Il tandem Franceschini - RenziDalle parti del Partito Democratico, infatti, è risuonato l'allarme per le voci insistenti che parlano di un tandem Franceschini-Renzi finalizzato alla costruzione di quel soggetto moderato in grado di federare un'area, quella liberale e cattolica, che al momento sembra molto frammentata. Dai cattolici pacifisti di Marco Tarquinio e Paolo Ciani ai moderati di 'Più Uno' capitanati da Ernesto Ruffini, fino ad arrivare al soggetto, per ora tutto capitolino, dell'assessore alla Cultura Alessandro Onorato.Realtà che nascono "dal basso", come vanno ripetendo i protagonisti, senza regie politiche da parte dei leader, ma che si 'scontrano' con la vocazione plurale del Partito Democratico. I riformisti dem vivono con malcelato disagio questo fermento moderato, liberale e cattolico fuori dal Pd."Sembrano temi che preoccupano i retroscenisti che occupano il Parlamento. Noi continuiamo a fare politica dentro un Partito Democratico plurale con cultura di governo", avverte il senatore Alessandro Alfieri che auspica "si possa andare a costruire, tutti insieme, una coalizione credibile con un progetto vincente per tornare a governare il paese, ma queste alchimie fatte a tavolino non mi convincono per niente sinceramente". Parole che si aggiungono alla levata di scudi arrivata dopo la teorizzazione di una "tenda" sotto la quale ospitare i riformisti e i moderati in cerca di spazio politico. Una proposta targata Goffredo Bettini subito stoppata dai riformisti Pd che vi leggono un tentativo di spingerli fuori dal partito.Quella di Franceschini, tuttavia, è una idea che muove da premesse diverse. Non c'è, viene spiegato da fonti parlamentari vicine all'ex ministro, nessuna volontà di rinunciare all'anima liberale e riformista del Pd, quanto la necessità di rispondere a quello che si muove sul fronte del centrodestra. La legge elettorale evocata dalla premier Giorgia Meloni, proporzionale con premio di maggioranza e indicazione del nome del premier, mette il centrosinistra nella necessità di coprire un ampio ventaglio di elettorato. Ora, il Pd, con M5s e Avs, copre bene la sinistra-centro. Serve una forza che guardi ai moderati, è il ragionamento che viene fatto da diversi esponenti dem, non solo quelli vicini a Franceschini. Anche perchè, viene aggiunto, il lavoro sulla legge elettorale prosegue, sebbene sottotraccia. Retroscena: Silvia Salis candidata premier? La riforma, spiega una fonte Pd alla Camera, è tutt'altro che uno specchietto per le allodole: gli uffici legislativi dei gruppi vanno avanti con simulazioni e prospetti. E qui si innesta un altro retroscena: quello che parla dell'ipotesi Silvia Salis come possibile 'candidata' premier del centrosinistra. Le virgolette sono doverose visto che una riforma che comprenda l'indicazione del premier nella scheda elettorale necessiterebbe di una legge costituzionale: l'incarico a formare il governo spetta, infatti, pur sempre al Presidente della Repubblica. Dunque, qualsiasi indicazione avrebbe un valore poco più che simbolico, nient'altro che un desiderata.Fonti parlamentari del Pd, tuttavia, tendono a derubricare a 'boutade' l'ipotesi di una convergenza delle forze di opposizione su Salis. Per prima cosa, viene spiegato, alle politiche mancano ancora due anni, un'era geologica se misurata con i criteri della politica. Ed è vero che Genova rappresenta il primo esperimento ben riuscito di larga coalizione di tutto il centrosinistra, ma da qui a farne un modello nazionale ce ne vuole. Anche perchè alle politiche i leader del centrosinistra saranno in campo in prima persona e difficilmente rinunceranno a un ruolo diretto. Più facile, si ragiona tra i parlamentari Pd, che la leadership sia messa nelle mani del leader del primo partito della coalizione - fermo restando le prerogative del Capo dello Stato - e che si affidi a un tavolo della stessa il compito di stabilire gli equilibri interni (a chi i ministeri di peso o la vicepresidenza). Cosi' facendo, sarebbe possibile rendere digeribile la rinuncia alla premiership dell'uno o dell'altro leader. Da questo punto di vista, viene spiegato da fonti della maggioranza Pd, non c'è dubbio che la candidata naturale sarebbe Elly Schlein in quanto leader del primo partito di opposizione. Non a caso, lo stesso Franceschini fa riferimento diretto alla segretaria nel dire che "è evidente che la mia casa è e resterà il Partito Democratico guidato da Elly Schlein".Ma, come si diceva, si tratta di ragionamenti ampiamente prematuri, alimentati forse dall'approssimarsi della pausa estiva o, secondo qualcuno nel Pd, "dal solito Matteo Renzi". Il leader di Italia Viva viene accreditato come il regista o "aiuto regista" della 'gambà moderata e liberale del centrosinistra e dell'operazione Silvia Salis. Fra i dem, tuttavia, c'è chi ricorda il dibattito di un anno fa, quando l'abbraccio dello stesso Renzi a Schlein, durante la Partita del Cuore, apri' una lunghissima telenovela estiva sull'ingresso di Italia Viva nel Campo Largo: "Che si tratti di un'altra mossa per conquistarsi le prime pagine?".     Clicca qui e iscriviti al nostro canale Whatsapp! Le notizie, in tempo reale, dell'Agenzia Italia ora anche sul tuo smartphone