La notizia è arrivata da poco più di un’ora quando sugli schermi del palco di The Who al Parco della Musica di Milano appare il volto di Ozzy Osbourne con delle ali da pipistrello. Poco dopo entra la band inglese e attacca ‘I Can’t Explain’ dedicandola alla leggenda dei Black Sabbath, scomparso ieri. Il gruppo che ha scritto la storia del rock negli anni ’60 insieme ai Beatles e agli Stones è ancora qui ma questa volta per il tour d’addio, intitolato ‘The Song Is Over’. E proprio quel brano chiuderà a sorpresa, fuori scaletta, lo show che è la celebrazione messa in scena dai due reduci del nucleo storico, il leader e chitarrista Pete Townshend, 79 anni, e l’uomo che da 60 anni ha dato la sua voce da leone alla musica e alla parole dell’amico e compagno di strada, Roger Daltrey, 81 anni. Da anni non ci sono più il batterista Keith Moon e il bassista John Entwistle che con la loro ritmica creativa, potente e visionaria resero The Who qualcosa di unico. Dietro i tamburi non c’è neanche più Zack Starkey, il figlio di Ringo Starr, che da un paio di decenni era in formazione, allontanato dopo dissapori con Townshend. Al suo posto l’ottimo Scoot Devours mentre per restare in famiglia alla chitarra c’è anche il fratello di Pete, Simon Townshend. Dopo il primo brano c’è spazio per un altro colpo da ko, ‘Substitute’ e l’impressione è che la macchina Who viaggi ancora a pieni giri. La band che ha saputo mettere in musica meglio e prima di tutti la rabbia e la voglia di ribellione dei ragazzi della suburbia britannica degli anni ’60 è ancora lì sul palco a raccontare e testimoniare, tra acciacchi e capelli argentati, quella storia .Sul riff di ‘Pinball Wizard’ Pete accenna un braccio a mulinello mentre suona la chitarra e il gesto fa quasi tenerezza, lui stesso sembra farlo con ironia, come fosse un sorriso malinconico mentre guarda indietro a quegli anni quando il rock era al centro del mondo e della cultura popolare. L’epopea mod di ‘Quadrophenia’ viene omaggiata con una cinquina di canzoni ed è come un viaggio in Lambretta con indosso un parka nelle strade della periferia di Londra negli anni ’60. La scarica rock di ‘My Generation’ suona ancora come una conversazione con gli Stones di ‘Satisfaction’ e fa sorridere pensare che questi vecchi indomiti rocker siano ancora qui, L’opera rock visionaria sull’alienazione e la solitudine di ‘Tommy’ rispunta nell’emozionante ‘See Me Feel Me’. Il finale è affidato ad altri due brani leggendari ‘Baba O’Riley’ e ‘Won’t Get Fooled Again’. Poi, come detto, la chiusura a sorpresa con ‘The Song Is Over’. Ma quelle canzoni, per fortuna, non smetteranno mai di esistere.Questo articolo The Who a Milano, ultima canzone per il rock e Ozzy Osburne proviene da LaPresse