Congo, accordo di pace tra governo e ribelli M23. Dalla tregua alla liberazione dei prigionieri: il testo

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Non è solo una dichiarazione di principi, quella firmata a Doha fra il governo della Repubblica Democratica del Congo e l’AFC/M23, il gruppo armato che da gennaio occupa una buona parte delle regioni orientali del Nord e del Sud Kivu: è davvero un passo vincolante verso uno stabile accordo di pace. Il documento, sottoscritto oggi dopo tre mesi di colloqui con la mediazione del Qatar e la supervisione degli Stati Uniti e dell’Unione Africana, giunge tre settimane dopo l’accordo di pace fra Rd Congo e Rwanda, pomposamente sottoscritto a Washington con la benedizione di Donald Trump. Il testo dell’accordo, che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare nella sua interezza, indica una serie di dichiarazioni d’intenti e di impegni concreti, ma soprattutto fornisce delle date: entro il 29 luglio quanto sottoscritto deve essere operativo, entro l’8 agosto devono riprendere le discussioni e entro il 17 agosto deve essere firmato l’accordo di pace vero e proprio.Tra i principi generali che ispirano la dichiarazione si trovano alcuni passaggi impegnativi e si spera non retorici, come “la volontà di superare i rancori del passato e di impegnarsi in una nuova era di comprensione reciproca, di coesistenza pacifica e di stabilità durevole. Le parti si impegnano a superare le divisioni che indeboliscono l’unità nazionale, a operare per il miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni e a rigettare ogni forma di discorsi d’odio o disumanizzanti. Le parti riaffermano ugualmente il loro attaccamento all’integrità territoriale”. Passaggi tutt’altro che scontati, in una regione piagata da decenni di guerre, stragi, odi settari e diffidenze reciproche.Dopo le dichiarazioni di principio, gli impegni concreti: anzitutto, quello per un cessate il fuoco permanente che prevede il divieto di attacchi di qualunque natura (aerea, terrestre, marittima o lacustre, compresi gli atti di sabotaggio), di diffusione di propaganda d’odio o di incitamento alla violenza e divieto di ogni tentativo di conquista o di modifica delle posizioni sul terreno con l’uso della forza. Fra i punti importanti convenuti c’è la messa a punto di un meccanismo supervisionato dalla Croce Rossa per la liberazione reciproca dei prigionieri, il ristabilimento dell’autorità statale sull’insieme del territorio nazionale, il ritorno “volontario e degno” di rifugiati e sfollati “nello stretto rispetto del diritto internazionale umanitario” e la protezione delle popolazioni civili.Tutto bene, dunque? Forse. Perché in un testo equilibrato e di buon senso, che certamente ha già riacceso le speranze della popolazione stremata, c’è un solo breve passaggio che suscita perplessità: il divieto di modifica delle posizioni sul terreno. Vero è che il testo vieta modifiche “con la forza” e dunque si potrebbe supporre che sarebbero consentite modifiche con un accordo delle parti. Tuttavia, è un passaggio delicatissimo e che potrebbe forse permettere all’M23 di rimanere esattamente dov’è. Del resto, i suoi capi hanno sempre detto di agire come congolesi entro i confini del Paese, dunque per loro sottoscrivere un vincolo di rispetto dei confini e dell’integrità territoriale non sarebbe una contraddizione. Come conferma a ilfattoquotidiano.it Giovanni Salvaggio, ricercatore indipendente e specialista nella mappatura dei gruppi armati nell’est del Congo: “L’accordo preliminare di Doha sembra sulla base andare verso alcune buone direzioni. Si nota però fin da subito una significativa vittoria dell’M23 perché in nessuno dei punti è citato il ritiro delle truppe. Positivo è sicuramente il cessate il fuoco, ammesso che venga rispettato, perché ancora in questo momento sono segnalati movimenti di truppe lungo la linea del fronte, in particolare attorno a Uvira, nel Sud Kivu. Avendo promesso di risolvere tutto in tempi stretti, Donald Trump ha molta fretta di chiudere e ha messo pressione alla gerarchia dell’M23 e al governo rwandese perché si ammorbidiscano nei confronti di Kinshasa. Da non trascurare gli enormi interessi minerari in gioco su cui l’amministrazione Usa ha messo le mani dopo la firma dell’accordo a Washington. Tuttavia, subito dopo la firma ufficiale di questo pre-accordo, entrambe le parti hanno rilasciato dichiarazioni poco distensive. Resta in dubbio anche il ruolo del Burundi che non viene menzionato nel documento ma che ha un peso importante”, avendo schierato le proprie truppe al fianco della Rd Congo. Conclude Salvaggio: “Si vedrà nelle prossime settimane non solo quali saranno gli sviluppi diplomatici, ma soprattutto in che modo il Rwanda e l’AFC/M23 si muoveranno concretamente sul terreno. Se giungeranno segnali di distensione con un ritiro delle truppe almeno da alcune aree, o se la loro pressione armata continuerà forte come è da tempo”.L'articolo Congo, accordo di pace tra governo e ribelli M23. Dalla tregua alla liberazione dei prigionieri: il testo proviene da Il Fatto Quotidiano.