Myanmar. I governativi riconquistano Nawnghkio

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di Giuseppe Gagliano –Il Myanmar è tornato a essere teatro di una guerra civile che non conosce tregua. La riconquista della città di Nawnghkio da parte dell’esercito governativo non è solo un episodio militare, ma un segnale politico, economico e strategico che riguarda l’intero Sud-Est asiatico. Dopo un anno di scontri e 566 battaglie documentate, la giunta militare annuncia di aver cacciato le forze del Ta’ang National Liberation Army (TNLA), parte della potente Alleanza delle Tre Fratellanze. Dietro le celebrazioni e le foto di soldati sorridenti pubblicate dai media statali, si cela una situazione complessa che intreccia conflitti etnici, interessi economici globali e l’ombra ingombrante della Cina.La posizione geografica di Nawnghkio ne fa un nodo strategico per il controllo dei collegamenti tra il Myanmar centrale e il confine cinese. A soli 40 km da Pyin Oo Lwin, sede della principale accademia militare del Paese, e a 80 km dalla vitale città di Mandalay, Nawnghkio rappresenta una porta d’accesso verso le aree montuose abitate da minoranze etniche ostili a Naypyidaw. Per la giunta militare, in difficoltà su più fronti, questa vittoria rappresenta un tentativo di riaffermare la propria autorità prima delle elezioni generali annunciate per la fine dell’anno. Tuttavia il TNLA ha dichiarato di aver semplicemente spostato le attività amministrative in aree più sicure, segnalando che la battaglia per il nord-est è tutt’altro che chiusa.Il conflitto interno del Myanmar è un rebus per Pechino. Da un lato, la Cina ha interessi enormi nel Paese: infrastrutture critiche, investimenti nel settore minerario ed energetico e un corridoio economico strategico che collega lo Yunnan al Golfo del Bengala. Dall’altro lato i gruppi ribelli della Alleanza delle Tre Fratellanze controllano ampie zone di confine e potrebbero destabilizzare i progetti cinesi. Proprio per questo Pechino ha ospitato colloqui a Kunming nel tentativo di mediare tra le parti, ma con risultati modesti.Un rapporto pubblicato dal Consiglio consultivo speciale per il Myanmar getta ulteriori ombre: aziende statali cinesi come la China South Industries Corporation sarebbero coinvolte nella produzione di bombe aeree usate dalla giunta contro ribelli e civili. Se confermato, ciò aumenterebbe le critiche internazionali alla Cina, accusata di sostenere un regime responsabile di gravi violazioni dei diritti umani pur di proteggere i propri interessi strategici.Sul piano economico, la guerra civile sta distruggendo le già fragili strutture produttive del Myanmar. I corridoi commerciali verso la Cina sono spesso interrotti, il che mette a rischio le forniture di minerali rari e risorse energetiche. I gruppi ribelli, controllando porzioni strategiche di territorio, esercitano un effetto leva sui traffici transfrontalieri e minacciano di colpire oleodotti e gasdotti vitali. Per la giunta militare, la riconquista di Nawnghkio potrebbe significare un parziale ripristino delle rotte commerciali e un sollievo momentaneo per le casse statali, ma non risolve il problema strutturale di un Paese frammentato da decenni di tensioni etniche.Da un punto di vista militare, l’esercito birmano ha dimostrato di saper combinare operazioni terrestri e aeree in maniera efficace, ma questa capacità ha un costo: la dipendenza crescente da armi e supporto tecnico straniero, in primis cinese. La strategia della giunta sembra puntare a riconquistare quante più aree possibile prima delle elezioni, per dare l’illusione di una stabilità ritrovata. Tuttavia i ribelli hanno già dimostrato in passato la capacità di ritirarsi tatticamente e di lanciare contrattacchi devastanti.Se la giunta riuscisse davvero a consolidare il controllo sullo Stato Shan e sulle aree limitrofe, potrebbe garantire a Pechino la continuità dei suoi investimenti. In caso contrario, la regione rischia di trasformarsi in un nuovo epicentro di conflitto con conseguenze che andrebbero ben oltre i confini del Myanmar.Il Myanmar è oggi lo specchio di una competizione geopolitica sempre più serrata nel Sud-Est asiatico. Gli Stati Uniti, pur condannando la giunta militare, hanno finora limitato le loro azioni a sanzioni economiche e supporto indiretto ai movimenti pro-democrazia. La Cina, invece, mantiene un equilibrio precario tra appoggio al regime e contatti con i ribelli per proteggere i suoi interessi.In questo contesto la riconquista di Nawnghkio potrebbe rappresentare solo una tregua temporanea in una guerra che rischia di cronicizzarsi, alimentando traffici illeciti, crisi umanitarie e nuove tensioni tra le grandi potenze.