Siria. Suwayda: al-Shara gioca la carta delle tribù e fa scacco a Israele

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di Mohamed Ben Abdallah –Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa è riuscito a contenere la crisi di Suwayda in poche ore, ritirando le forze di sicurezza dalla provincia. Una decisione che inizialmente sembrava un passo indietro di fronte a un’escalation locale, ma che si è rivelata parte di una manovra calcolata con precisione, capace di rimodellare lo scenario politico e di sicurezza nel sud del Paese, e forse di quello regionale.In concomitanza con il ritiro ufficiale, le tribù siriane si sono mobilitate su larga scala: oltre 100mila combattenti provenienti da diverse aree hanno risposto all’appello, dirigendosi verso i confini di Suwayda senza alcun intervento diretto da parte dello Stato. Questo movimento popolare, apparentemente spontaneo ma organizzato, ha lanciato un messaggio duplice, sia all’interno che all’esterno: la coesione nazionale supera le divisioni temporanee, e le istituzioni statali non sono l’unico strumento per mantenere l’equilibrio.A rafforzare l’importanza di questa carta è la natura di queste tribù, caratterizzate da una struttura con estensioni sociali dentro e fuori la Siria, soprattutto nei Paesi del Golfo. Le relazioni di parentela e l’intreccio tribale tra est e sud della Siria da un lato, e la Penisola Arabica dall’altro, conferiscono a queste componenti un peso regionale significativo, sia politico che militare. Questi legami sociali e tribali costituiscono una rete di supporto solida, che permette a queste tribù di svolgere un ruolo attivo nell’influenzare questioni di sicurezza e politica all’interno e all’esterno della Siria, rendendo il loro movimento in questo momento una carta strategica difficile da ignorare nelle dinamiche regionali.Tale realtà regionale rafforza il ruolo della Siria nel contrastare i tentativi israeliani di utilizzare la questione dei drusi di Suwayda come pretesto per destabilizzare la sicurezza siriana e l’unità nazionale, sotto la giustificazione di un intervento militare o di sicurezza.Da questa prospettiva si comprende più a fondo la decisione presidenziale: invece di cadere in uno scontro diretto in una zona sensibile vicino al confine del Golan, al-Sharaa ha scelto di rispondere attivando una forza popolare interna, coesa e organizzata, che trasmettesse un messaggio di deterrenza morbida ma efficace. Quando le forze di sicurezza sono sostituite dalle tribù, la risposta si amplia oltre la mera operazione militare, assumendo una dimensione politica e sociale difficile da affrontare o rappresentare all’esterno come una “guerra civile”.A livello regionale questa mossa è arrivata in un momento di grande delicatezzaà. I circoli israeliani non nascondono la loro crescente preoccupazione per la ascesa del nuovo presidente siriano che, nonostante l’uscita dalle liste internazionali del terrorismo e la riorganizzazione ufficiale del suo apparato di potere, è ancora considerato da Tel Aviv una minaccia strategica. Questa preoccupazione deriva dal fatto che al-Sharaa, con un passato jihadista, conosce bene come bilanciare l’azione istituzionale con la mobilitazione popolare, tra il discorso interno e i messaggi esterni.Va aggiunto che alcune correnti jihadiste che hanno combattuto in Siria negli anni passati continuano a considerare il fronte con Israele un possibile scenario in qualsiasi momento, cosa ben compresa dai decisori israeliani. Da qui la complessità della sfida di contenere queste forze e riorganizzarle all’interno della nuova struttura statale siriana, senza alienarle o provocarle. Una sfida che al-Sharaa affronta costantemente.In definitiva la mobilitazione delle tribù non è stata una semplice reazione a una crisi locale, ma una carta strategica utilizzata da Damasco per evitare di scivolare in un conflitto diretto che forze regionali e internazionali avrebbero voluto anticipare. Il messaggio è chiaro: la Siria, con il suo nuovo sistema, è capace di controllare il proprio spazio interno e di lanciare messaggi di deterrenza senza cadere nelle trappole volte a minare l’esperienza di governo appena iniziata.