La buca fatta scavare al figlio, l’sms falso e la moglie rassicurata: tutti i depistaggi nell’omicidio di Momcilo Bakal

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Si chiama Milan Uskokovic il 62enne serbo che martedì è finito in manette con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione: sarebbe lui, secondo la procura di Ivrea, ad aver ucciso e nascosto il cadavere di Momcilo Bakal, piccolo imprenditore bosniaco scomparso nel 2016 da Mappano, nell’hinterland torinese. L’ordinanza di custodia cautelare in carcere, disposta dal gip di Ivrea ed eseguita dai carabinieri, è il risultato dei nuovi elementi che hanno permesso ai magistrati di imprimere una svolta all’inchiesta. Uskokovic è tornato nell’orbita della giustizia nel 2024, quando è stato denunciato per tentato furto aggravato. Nato in Serbia, l’uomo vive in Italia da tempo senza permesso di soggiorno. Ha diversi precedenti, tra cui una rapina a mano armata che risale al 2009, e ha commesso anche altri reati contro il patrimonio, per cui è già stato più volte ai domiciliari senza rispettare le restrizioni imposte dai giudici. In passato è stato indagato per aver utilizzato bancomat, carte di credito e Telepass dell’imprenditore scomparso. Le nuove tecnologie forensi e un riscontro del Dna hanno permesso di completare il puzzle.La procura ora lo accusa di aver avvelenato Bakal e di averne nascosto il corpo in una fossa, scavata in uno dei terreni alla periferia di Torino che nel 2016 erano nella disponibilità della vittima. È pacifico, del resto, che il 62enne chiese al figlio di Bakal di aiutarlo a scavare la buca, destando i sospetti del ragazzo, che nei giorni successivi alla scomparsa aveva più volte cercato di mettersi in contatto con il padre senza successo. Di lì a pochi giorni il giovane, suggestionato da Uskokovic, lascerà l’Italia per la Bosnia per sfuggire a fantomatici aguzzini del padre. In quei giorni infatti l’indagato suggerì piste alternative per accreditare un allontanamento volontario: prima avvertì il figlio di stare attento perché il padre aveva “combinato qualcosa di brutto” (nella notte in effetti tre persone armate fecero irruzione nella ditta e minacciarono il ragazzo di “venire a prendere lui” se il padre non si fosse fatto vivo: circostanza definita “singolare” dal gip), poi disse agli operai che Bakal era stato “preso dai mafiosi” e che “era scappato con una donna rumena”. Sono solo alcuni degli elementi che fanno pensare a un depistaggio in piena regola. Un altro è l’sms ricevuto dal figlio all’indomani della scomparsa: “Tira avanti la ditta con Milan” perché “ho qualche problema” e “devo andare via qualche giorno”, gli avrebbe scritto il padre.Per gli inquirenti fu Uskokovic a mandarlo (“i telefoni cellulari di Bakal non sono mai stati rinvenuti”, si legge nel provvedimento del gip). Sempre lui nei giorni successivi prese le redini dell’azienda, liquidò gli operai bosniaci pagandoli 200 euro a testa e congedò per ferie gli altri collaboratori, affermando di aver ricevuto istruzioni in questo senso dal titolare. Inoltre aprì il magazzino della ditta e vendette gran parte della merce che vi era custodita. Poi si presentò da alcuni debitori della vittima per riscuotere le somme e “continuare i rapporti commerciali”, affermando di essere socio di Bakal e che questi gli doveva 30mila euro. Infine partì per la Serbia, “evidentemente per aspettare che si calmassero le acque”, sostiene la procura. Dall’ordinanza del giudice si apprende anche che la moglie della vittima fu convinta a temporeggiare un mese prima di denunciare, motivo per cui non è stato possibile acquisire i filmati delle telecamere di sorveglianza della zona. La donna ha dichiarato che fu Uskokovic a dissuaderla, dicendole di aspettare che il marito “tornasse dalle ferie”.Gli investigatori hanno ricostruito così le ore che precedono il delitto: Bakal la mattina del 27 luglio 2016 si trovava nella sua ditta e aveva “barcollante e con forti dolori alla testa”, come hanno dichiarato i collaboratori. Uskokovic, che la sera prima avrebbe somministrato alla vittima dosi massicce di ipnotici e antipsicotici (Zolpidem e Quietiapina), si offrì di accompagnarlo in ospedale, ma in realtà portò la vittima a casa sua, dove si procurò il lenzuolo poi usato per avvolgere il cadavere. Lo si evincerebbe dai tabulati telefonici e dai registri degli ospedali, su cui il nome di Bakal non figura. Per gli inquirenti quando fu portato nell’alloggio di Mappano, l’imprenditore era già morto. Anche perché, ha dichiarato il figlio, quel giorno “stava così male che bastava dargli un asse in testa per ammazzarlo”.L’ultima delle contraddizioni in cui sarebbe caduto il presunto omicida risale a marzo 2024, quando gli investigatori sono tornati a scavare nei terreni in uso alla vittima. Uskokovic ha assistito alle operazioni in compagnia della moglie. Intercettato nella caserma dei carabinieri prima di essere sentito come persona informata dei fatti, le ha detto: “Se anche troveranno il corpo, dovranno fare delle indagini”. Gli inquirenti ipotizzano “un movente almeno in parte di natura economica”.L'articolo La buca fatta scavare al figlio, l’sms falso e la moglie rassicurata: tutti i depistaggi nell’omicidio di Momcilo Bakal proviene da Il Fatto Quotidiano.