Un messaggio scritto in arabo, inglese ed ebraico: «Opporsi alla fame». Protagonisti della campagna chef e ristoratori israeliani, che si sono fatti ritrarre con una pentola vuota in mano. L’iniziativa social l’ha lanciata il marchio d’abbigliamento israeliano Comme il faut, molto attivo dal 7 ottobre 2023 su temi riguardanti la guerra a Gaza e il rilascio degli ostaggi. Stavolta per lanciare un messaggio contro la carestia causata da Israele nella Striscia. «Abbiamo pensato, a causa di quello che sta succedendo a Gaza e della fame a Gaza, di fare questo servizio fotografico con persone dell’industria alimentare e chef», ha detto in un’intervista Romi Kaminer Goldfainer, la direttrice di Comme Il Faut. «È difficile parlare di moda in questo periodo: è ancora più difficile parlare di cibo e cenare quando c’è questa terribile fame a neanche un’ora di distanza da Tel Aviv. A volte non finiamo nemmeno quello che c’è nel piatto – come se la vita continuasse come sempre. Ma non è così. A pochi passi da noi la gente muore di fame», si legge nella didascalia del primo post con lo slogan «opporsi alla fame» su sfondo bianco. Visualizza questo post su Instagram Un post condiviso da COMME IL FAUT (@_comme_il_faut_)Scoppia la polemica sotto i postUna bufera di commenti contro la campagna, additata come «contro Israele e chi lo difende», ha portato i gestori della pagina a chiudere lo spazio sotto ai post. Alcuni dei commenti sono poi continuati sui profili personali dei partecipanti: «La fame a Gaza è una bugia di Hamas», e «gli unici affamati sono gli ostaggi». E c’è chi promette di non mangiare più nei loro ristoranti. «Non pensavo che questa campagna avrebbe generato così tanto odio», scrive Aviram Katz, proprietario di diversi ristoranti gourmet di Tel Aviv, «e probabilmente mi sbagliavo nel pensare che empatia e compassione umana fossero condivisibili». Poi specifica: «Sono contro Hamas e sono contro il nostro governo, non sono contro i ragazzi dell’Idf che sono nel mio cuore. Gaza non va occupata, per salvare gli ostaggi». Anche la chef Avivit Priel, intervistata da Channel 12, ha cercato di giustificare la sua posizione, che aveva condensato nella frase «il cibo non è un’arma di guerra». Con una modifica al suo post Instagram ha chiarito di non credere che ci sia un «piano deliberato per affamare Gaza», ma che Israele «sia responsabile della catastrofe umanitaria».La risposta del brandLa campagna doveva raggiungere un centinaio di chef, alla fine a partecipare è stata una dozzina. «Le persone hanno troppa paura per le loro attività per parlare», ha spiegato la direttrice di Comme il faut, «molti si sono tirati indietro per paura di ricevere gli stessi commenti». Dopo le polemiche il marchio di moda ha pubblicato un comunicato per ribadire la posizione critica contro il governo di Benjamin Netanyahu: «Il nostro dito è puntato contro il nostro governo. Anche Hamas è responsabile del disastro umanitario, ma non è a loro che ci rivolgiamo. Parliamo al nostro governo al quale siamo legati come cittadini».L'articolo La protesta degli chef israeliani contro la carestia a Gaza: «A pochi passi da noi la gente muore di fame». Scoppia la polemica proviene da Open.