Liste d’attesa infinite, diagnosi “self-made” e il rischio querele. Lo sfogo del medico di base: «I pazienti dettano, noi dobbiamo solo scrivere»

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Il nuovo – per così dire – business in ambito sanitario è quello delle liste d’attesa. Sono sempre più frequenti le richieste di prestazioni superflue ai medici di base, a cui non viene nemmeno data la possibilità di visitare il paziente per verificare di quale terapia o appuntamento specialistico abbia bisogno: «I nostri studi sono diventati supermercati», lamenta il dottor Enzo Bozza parlando al Corriere del Veneto. «Pensano di poter venire a fare la spesa di prestazioni in base a quello che leggono su Internet, all’autodiagnosi». Ed è anche per questo che quasi la metà degli esami di diagnostica sono «inappropriati».La diagnosi «self-made» e il ruolo sbiadito del medico di baseDa una parte il personale a ranghi ridotti, anzi striminziti. Dall’altra una mole di richieste abnorme che non riesce a essere filtrato dai medici di base, i professionisti che dovrebbero almeno in teoria discernere le necessità e le urgenze dei pazienti. Enzo Bozza di assistiti ne ha oltre 1.600 nella zona di Belluno: «Vedo 50/70 pazienti al giorno e l’80% arriva con richieste precise: non si affida a me per la diagnosi, sa già quali specialisti consultare e quali esami affrontare». Non bisogna dunque sorprendersi che le liste d’attesa siano una eterna coda al casello durante la settimana di Ferragosto: «È il consumismo sanitario. Non tutti gli accertamenti sono utili, pochi sono urgenti, benché nella testa del paziente tutto è grave e tutto è urgente». La situazione è ampiamente confermata da Nicoletta Gandolfo, presidente della Società italiana di radiologia medica e interventistica: «Ormai fino al 40% degli esami di diagnostica per immagini, dalle Tac alle Risonanze magnetiche, è inappropriato. Sono esami in eccesso o inutili».  Il rischio di querele e gli affari per le cliniche privatePer i medici di base quasi non c’è scelta: «Spesso molti prescrivono visite inutili per evitare querele da parte dell’utente le cui richieste non sono state soddisfatte», spiega. E a questo si aggiunge il guadagno personale di chi sfrutta i periodi “intramoenia”, cioè di libera professione e quindi a pagamento per il paziente. «Noi medici di famiglia siamo diventati solo prescrittori per gli assistiti: loro dettano e noi dovremmo scrivere. Dobbiamo ridare dignità e strumenti alla medicina del territorio, e rinsaldare il rapporto di fiducia tra dottore e assistito. Nel frattempo, però, «le cliniche private fanno affari d’oro con l’impazienza dei pazienti e l’intramoenia degli ospedalieri arrotonda molto i magri stipendi erogati dalle aziende sanitarie pubbliche».L'articolo Liste d’attesa infinite, diagnosi “self-made” e il rischio querele. Lo sfogo del medico di base: «I pazienti dettano, noi dobbiamo solo scrivere» proviene da Open.