Spiragli per i 376 della Lear di Grugliasco in crisi: ecco chi la vuole e i dubbi dei sindacati

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Si muovono i primi passi per risolvere la questione dello stabilimento Lear di Grugliasco, nel Torinese. La multinazionale americana fa parte del cosiddetto indotto di Fiat. Produce sedili per le vetture del marchio italiano, ma tra la crisi del settore automobilistico in Italia e la perdita della commessa per i realizzare i sedili i della 500 elettrica, è stata costretta a mettere in cassa integrazione gran parte dei suoi dipendenti. E i tempi possibili dell’ammortizzatore sociale sono ormai agli sgoccioli con la possibilità che tutti i 376 dipendenti vengano licenziati.Ora però si è aperto una spiraglio, anche resta poco tempo per definire la trattativa e i sindacati metalmeccanici chiedono garanzie a ministero e azienda sul rilancio. A presentare un piano di ripartenza è stata Fipa spa che sostiene di voler reindustrializzare lo stabilimento di Grugliasco. Il piano della società italo-cinese prevede, tra l’altro, il riassorbimento di solo 250 lavoratori nel 2026 e un investimento di compreso tra gli 80 e i 100 milioni di euro.Fipa, Fabbrica Italiana Produzione Autoveicoli, è una join venture di tre imprenditori: il concessionario Fassina di Milano, Itb Auto di Angelo Sun Wenyu e il gruppo cinese Gantou. La newco vorrebbe convertire le linee di produzione dei sedili in catene di montaggio per quadricicli elettrici del marchio Desner, già commercializzati in Italia da Itb. I quadricicli sono le piccole auto che possono essere guidate senza patente B, note anche come microcar. Il piano prevede di dare lavoro – come detto – a circa 250 operai sui 376 al momento impiegati dalla Lear. Il nuovo conglomerato ha come obiettivo di assemblare 20mila quadricicli e vorrebbe concludere la trattativa entro la fine dell’anno, per avviare la produzione nel primo trimestre del 2026.La Lear è solo una delle aziende dell’indotto dell’automobile in crisi. Le difficoltà di Stellantis nell’avere prodotti competitivi sul mercato si riflettono in volumi di produzione ridotti, diminuzione dei turni di lavoro e maggiori pressioni sulle altre aziende per ridurre i costi dei loro componenti. Da tempo, tra l’altro, il gruppo franco-italiano viene contestato dai sindacati con l’accusa di appoggiarsi sempre di più alla filiera di Paesi dell’Est Europa e del Nord Africa. Negli ultimi anni la Lear si è affidata a tutti gli ammortizzatori sociali messi a disposizione dallo Stato e rimane solo qualche mese prima che l’azienda passi ai licenziamenti.Fiom, Uilm e Fim si sono dette sollevate per la proposta del gruppo Fipa, ma ritengono “necessario procedere con prudenza“. Il progetto ha delle difficoltà insite: dalla reindustrializzazione alla distanza fra “il fabbisogno di lavoratori oggi dichiarato da Fipa e l’attuale organico di Lear”, hanno fatto notare in una nota unitaria. I sindacati ritengono, quindi, necessario che il ministero delle Imprese e del Made in Italy verifichi “la forza finanziaria e di mercato” degli investitori. Anche le condizioni del passaggio – hanno sottolineato – non devono essere sfavorevoli per i lavoratori. I rappresentanti dei metalmeccanici fanno anche sapere che inizieranno un confronto con Lear per sapere cosa rimarrà sul territorio dell’azienda e su un eventuale apertura di procedura per uscite anticipate. Nonostante diversi tentativi di reindustrializzazione sia già falliti negli scorsi anni in altri siti, il ministro Adolfo Urso già festeggia parlando di un progetto che “si inserisce pienamente nella nostra strategia di reindustrializzazione e di rafforzamento della filiera dell’automotive”.L'articolo Spiragli per i 376 della Lear di Grugliasco in crisi: ecco chi la vuole e i dubbi dei sindacati proviene da Il Fatto Quotidiano.