I consumi dipendo insieme da ciò che si ha in tasca e da ciò che si ha nella testa. Nel rapporto Coop 2025 emerge un quadro complesso, in cui, a farla da padrone, è il sentimento di indeterminatezza che attanaglia gli italiani e influenza le loro scelte. Secondo il report, la preoccupazione per un conflitto imminente e la volontà di difendere la pace, quest’anno, hanno preso il posto della consueta inquietudine climatica. Questo non significa che i consumatori non facciano più attenzione all’ambiente, ma in base ai dati raccolti dal centro studi Coop insieme a Nomisma, più della metà della popolazione ormai considera la guerra come una possibilità concreta. Nonostante nel 2020 il nostro Paese si sia dimostrato tra i più “emotivamente resilienti” rispetto all’esperienza del Covid, ora la sensazione che la situazione di crisi possa migliorare sta lasciando il posto alla consapevolezza di una instabilità costante e diffusa. Il pubblico si dimostra da un lato più attento ai temi sociali e ambientali che riguardano il mondo della Gdo, e dall’altro meno disposto a spendere, minacciato dagli sconvolgimenti geopolitici che si ripercuotono anche sui patrimoni dei singoli.La guerra che preoccupa più del cambiamento climaticoSecondo la consumer survey Today, Tomorrow dell’Ufficio Studi Coop in collaborazione con Nomisma, ad agosto 2025, quasi un italiano su quattro è favorevole a un aumento della spesa militare fino al 5% del Pil, ma solo in caso di peggioramento delle tensioni internazionali. Se nel 2024 l’idea di sostenibilità era ancora legata, in particolare modo, alla lotta al cambiamento climatico, oggi il quadro sembra essere diverso. L’idea di sostenibilità nel 2025 si ricollega soprattutto alla necessità di porre fine ai conflitti mondiali. Due terzi degli intervistati, infatti, indica la fine delle guerre e la promozione della democrazia come priorità assolute per costruire un futuro sostenibile. La protezione del pianeta, pur riconosciuta come essenziale, si colloca solo al quarto posto, con il 36% dei sondati che chiede politiche urgenti contro il cambiamento climatico e il 29% che invoca la tutela della biodiversità.La carne rossa un bene di lusso e poco eticoSe da un lato i valori morali del pubblico mutano rapidamente, dall’altro anche i consumi si trasformano di conseguenza. Gli italiani sembrano sempre più pronti a fare la loro parte quando si tratta di scegliere che cosa comprare. Secondo il report Coop, il 46% degli intervistati ha dichiarato di essere disposto a limitare o addirittura eliminare il consumo di carne rossa, in diminuzione dello 0,9% rispetto al 2024. Questa scelta sarebbe la conseguenza di due fattori principali. Da un lato il tentativo di limitare i costi per difendere il proprio patrimonio e quindi preferire fonti proteiche meno care, come uova o carne bianca. Dall’altro una maggiore attenzione consumo di risorse naturali nella catena produttiva. Per questo, i giovani e le classi più abbienti stanno guidando la corsa alle proteine alternative. Circa 5 milioni di italiani dichiarano di voler aumentare – nei prossimi mesi – il consumo di proteine. In particolare il pesce e i sostituti vegetali della carne.I «difficili» consumatori italianiIl consumatore italiano è tra i più difficili in Europa e nel mondo. La sua cultura e l’attenzione per il cibo si coniugano con una disponibilità di spesa spesso ridotta rispetto al cliente medio degli altri Paesi Ue. «Gli italiani sono consapevoli dei problemi del mondo, ma hanno anche individualità molto chiare su cui costruire il loro futuro», ha sottolineato la presidente Coop Italia Maura Latini. In effetti, sei italiani su dieci indicano una dieta sana e bilanciata come uno dei principali accorgimenti per la cura di sé. Il binomio spesso inflazionato di “tradizione-innovazione” sembra essere il punto centrale che guida i consumi del pubblico in Italia.Il ruolo delle nuove tecnologieCi si aspetta che siano proprio le nuove tecnologie – in primis l’intelligenza artificiale – a contribuire alla costruzione di uno stile di vita sempre più sano. La dieta mediterranea, però, resta il punto di riferimento per molti. Emerge anche una maggiore importanza attribuita ai temi come la salute e la difesa del patrimonio, mentre continua a calare la spesa per la ristorazione fuori casa (-2,2% nel primo semestre del 2025). Aumenta invece la spesa al supermercato, con le vendite della Gdo che registrano un +3,8% a valore e +2% a volume. Un andamento che riflette una minore disponibilità economica e un maggiore impegno verso una dieta più controllata. Dal 2019 Francia, Germania e Spagna hanno guadagnato terreno, anche se di poco. Mentre il nostro Paese ha perso il 10% di ricchezza pro capite reale.La fine della globalizzazioneA cambiare ulteriormente l’andamento dei consumi e le scelte della popolazione è anche il panorama geopolitico, con la fine della globalizzazione per come l’abbiamo sempre intesa e una politica commerciale americana che risulta sempre più protezionista. A fine agosto gli Usa di Donald Trump hanno imposto tariffe del 15% sulla gran parte delle esportazioni europee. La politica dei dazi sembra costringere anche le aziende a ripensare le proprie catene del valore, rinunciando a investimenti esteri, rivedendo la distribuzione delle risorse e tagliando i rapporti commerciali con aree a rischio. «L’elemento che più ci preoccupa è quello relativo al fatto che la cultura alimentare e la tutela della salute dei consumatori, elementi importanti sia nel nostro Paese che nella Comunità Europea, possano essere compromessi in una logica di mediazione sul tema dei dazi», ha osservato Ernesto Dalle Rive, presidente di Ancc Coop. «Bisogna fare in modo che nel mento in cui si assumono delle decisioni tutti i soggetti della filiera possano dire la loro».I giovani: nuovi lavoratori e nuovi consumatoriUno dei punti centrali del rapporto Coop 2025 sono i giovani, sia come soggetti alla guida di alcuni trend di consumo – come quello delle proteine vegetali, o del no-alcol o low-alcol. Basti pensare che in Italia il consumo di bevande alcoliche è diminuito del 2,7% contro un aumento del 14,8% per quanto riguarda i cosiddetti NoLo. Sia, anche, come risorse su cui investire in un panorama lavorativo in continua evoluzione. Nel nostro Paese più che negli altri sono gli under 35 a subire gli effetti della crisi produttiva. Si lavora di più per far fronte all’inflazione, ma si guadagna meno. La soluzione per far fronte a un mercato del lavoro in crisi sarebbe investire in percorsi di formazione che diano ai giovani prospettive lavorative soddisfacenti. «Stiamo sviluppando due percorsi di formazione per manager cooperativi. È un progetto sperimentale che coinvolge giovani già presenti nel nostro mondo e altri che ci riproponiamo di attrarre. Offriamo sbocchi professionali qualificati, proprio per fare in modo che i talenti restino qui – anticipa Dalle Rive – le sperimentazioni partiranno alla fine di quest’anno».In copertina, da sinistra: Albino Russo, direttore generale Ancc Coop, Maura Latini, Presidente Coop Italia, Domenico Brisigotti, Direttore Generale Coop Italia, Ernesto Delle Rive, Presidente Ancc CoopL'articolo Il clima può attendere, la preoccupazione n° 1 ora è la guerra. Così gli italiani ripensano i consumi – Il rapporto proviene da Open.