Fedele a uno degli aforismi di Flaiano che mi sono più cari (e che vi ho citato qui), potrei dire: "Io della crisi francese ne parlavo nel 2012, ora ne parlano anche gli operatori informativi!", e tirare dritto. Questo atteggiamento blasé e autoreferenziale non sarebbe però compatibile con il mio codice deontologico di insegnante. Per quanto io sia consapevole dell'inutilità dei misi sforzi, mi permetto di insistere con voi su un punto, che non è inedito, perché lo avevo esplicitato già preparando l'intervento del 5 marzo al convegno del Dipartimento Economia della Lega (in questo post). Per evidenziarvi quello che (non) sta succedendo in Francia (ma dovrà succedere), prendo questo grafico di quel post:e lo modifico leggermente, togliendo la Spagna (di cui ci interessa il giusto), e prendendo come base dell'indice il 1999 (l'inizio dell'età dell'euro):Ecco, così si capisce molto bene, purché si ricordi che stiamo lavorando con indici, e che quindi prendere come base il 1999 non significa che nel 1999 i salari di Germania, Francia e Italia fossero uguali, ma che vogliamo vedere sinteticamente in che modo sono variati da allora.Nel 2004 inizia la svalutazione interna (deflazione salariale) tedesca, che nel 2008 porta l'indice un po' sotto 94 (quindi con il famoso calo dei salari reali del 6% di cui il governo menava vanto, come ricorderete). È il crollo della spezzata azzurra.Nel 2011 (e quindi sì, lo so bene, già con il Governo Berlusconi) l'Italia comincia a seguire, ma solo nel 2012 si vede un deciso e protratto crollo dei salari reali italiani, sostanzialmente analogo. È il crollo della spezzata grigia, reso necessario per recuperare competitività rispetto alla Germania.E i salari reali francesi, cioè la spezzata arancione?Non sono ancora crollati. Stanno sì flettendo, ma lentamente, molto lentamente, troppo lentamente, e quindi la Francia non recupera competitività, e continua ad accumulare debito estero, come abbiamo detto parlando dello sprofondo rosso:Arriverà prima il sudden stop, o se volete il current account reversal, o arriverà prima la Fornère?Rispondere a questa domanda è piuttosto difficile ma anche piuttosto futile: che siano i mercati a smettere di rifinanziare il debito estero francese (con conseguente necessità del Governo francese di tirare i remi in barca tagliando salari e pensioni), o che sia il Governo francese a tirare i remi in barca tagliando pensioni e salari (con conseguente recupero di competitività e rimborso dei debiti esteri), in ogni caso quello che si osserverà sarà il ritorno del saldo delle partite correnti in territorio positivo, e una massiccia esplosione di disordine sociale.Quello che non è ancora successo, ma succederà, quindi, è il crollo della spezzata arancione. Ma la spezzata arancione potrebbe anche "slittare" (verbo che di questi tempi si applica in contesti nautici). Come detto mille e una volta: se i salari "slitteranno" (come stanno in parte facendo), l'accumulazione di debito estero e di debito pubblico rallenterà, ma il problema non si risolverà, resterà lì. Se crolleranno, il problema del debito estero si risolverà e quello del debito pubblico si accentuerà.Chi è qui da un po' sa già perché, chi è qui da poco può chiedere, e gli sarà dato. A me interessava fissare una volta di più questo punto, nella mia umile qualità di persona che ha capito nel 2012 che cosa (non) sarebbe successo nel 2025, e che quindi ha interesse a restare ahead of the curve dicendovi quello che potrebbe succedere nel 2026. Va da sé che se fa il botto la Francia noi potremmo trovarci di fronte a scenari inediti, e che quindi, naturalmente, si farà di tutto per non farglielo fare, questo botto, cercando magari di tenere lo spread in caldo per una eventuale ascesa di un governo lepenista.Fosse così, non sarebbe il 2026 ma il 2027 (o il 2028).In ogni caso, auguri!#tuttoqua