Stefan Zweig. La fine di un mondo

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Autore estremamente prolifico, appassionato cultore del carteggio nonché costante interlocutore di quasi tutti i maggiori intellettuali attivi nella prima metà del Novecento, il viennese Stefan Zweig (1881-1942) continua a godere di una ragguardevole popolarità. Ne sono una testimonianza tangibile le numerose, recenti pubblicazioni che si rivelano capaci – una volta ancora – di suscitare l’interesse di un cospicuo numero di lettori.   Di questo scrittore, che ha avuto un’esistenza incredibilmente intensa, nel corso della quale ha conosciuto il trionfo e l’esilio, il grande successo e l’oblio, il nomadismo e lo sradicamento, ci fornisce ora un ritratto a tutto tondo il saggista, traduttore, narratore e poeta Raoul Precht (1960). Lo studioso, che ha preso meticolosamente in esame la sua opera mettendone in rilievo tanto i punti di forza quanto quelli di debolezza, formula al riguardo un giudizio lucido e articolato. Dal momento che a suo avviso, al netto dei pregi e dei difetti ravvisabili nei tanti testi dati alle stampe da Zweig, questi “è stato anche e soprattutto un acuto interprete della propria epoca, dello storico cul-de-sac in cui si è trovato a vivere, ed è per questo, in primis, che va celebrato e onorato.”   Occorre infatti osservare in proposito come egli, nato nella Vienna di fine Ottocento da una famiglia della borghesia ebraica colta, cosmopolita e poliglotta, abbia assaporato fin dall’infanzia la vivacità della scena culturale e artistica che caratterizzava la capitale dell’Impero. Indotto, a seguito dello scoppio della Prima guerra mondiale, ad avvicinarsi a posizioni ispirate agli ideali del pacifismo integrale, Zweig si vide costretto a prendere la strada dell’esilio a causa dell’ascesa del regime hitleriano: abbandonò dunque Salisburgo e l’Austria, separandosi così per sempre dalle terre di lingua tedesca. Dopo varie peregrinazioni avrebbe trovato rifugio in Brasile dove però  si sarebbe tolto la vita insieme alla seconda moglie.   Va sottolineato come, di fronte a un mondo che andava sgretolandosi, egli non sia limitato a rievocare in maniera struggente l’epoca alla quale sentiva di appartenere ma abbia cercato di costruire ponti, di instaurare legami, di mantenere e rafforzare contatti nel nome di un umanesimo che vedeva seriamente minacciato dall’avanzata dei regimi dittatoriali, dall’acuirsi delle forme di intolleranza e aggressività, dalla recrudescenza del razzismo e dell’antisemitismo, dalla decisa affermazione dei nazionalismi.         Precht ripercorre l’intera vicenda creativa di Zweig elogiando sia la qualità della sua narrativa breve che degli scritti di carattere biografico, nell’ambito dei quali lo studioso individua la formidabile capacità di dare voce agli “sconfitti” come Maria Stuarda, Magellano, Kleist e Hölderlin. Personaggi dei quali viene restituita la profondità e complessità psicologica, la vivacità e la tenacia, la visionarietà e il rigore.     Raoul Precht Stefan Zweig. La fine di un mondo Edizioni Ares, 208 pp., 16 euro