Per decenni, l’oggettività scientifica è stata considerata il pilastro su cui poggia il sapere moderno. Laboratori sterili, metodi rigorosi, revisione tra pari: tutto lascia intendere che la scienza sia imparziale e svincolata dai condizionamenti culturali. Eppure, un numero crescente di studiosi sostiene che questo ideale sia più un mito che una realtà. L’idea che i valori sociali e culturali possano influenzare domande, metodi e interpretazioni scientifiche sta guadagnando terreno, alimentando un acceso dibattito nel mondo accademico e oltre.Il peso delle idee culturali nella scienzaL’influenza del contesto sociale non è nuova: lo scienziato e filosofo Ludwik Fleck, già negli anni ’30, descriveva la scienza come una pratica culturale. Più recentemente, esempi come il racconto tradizionale della fecondazione – spermatozoi descritti come eroi attivi e ovuli come entità passive – mostrano come narrazioni scientifiche possano riflettere stereotipi di genere. Quando nuovi movimenti culturali hanno iniziato a ridefinire i ruoli di uomini e donne, anche le spiegazioni scientifiche si sono evolute: oggi sappiamo che ovulo e spermatozoo collaborano in modo più complesso e paritario. Questo caso emblematico evidenzia quanto il linguaggio e le metafore usate in scienza siano permeabili ai cambiamenti sociali.Binari arbitrari: razionalità contro emotivitàLa divisione tra discipline “oggettive” e “soggettive” ha plasmato l’istruzione e la percezione pubblica della scienza. Nella cultura occidentale, razionalità e oggettività sono state elevate a ideali, mentre emotività e soggettività venivano considerate inferiori. Tuttavia, osservando da vicino, questi binari appaiono arbitrari e auto-rinforzanti. Gli scienziati non sono osservatori disincarnati: fanno parte di famiglie, comunità, culture, e portano con sé convinzioni e valori personali. Questi elementi, inevitabilmente, influenzano ciò che scelgono di studiare e il modo in cui interpretano i risultati.Esperimenti e interpretazioni: l’influenza nascostaAnche quando i protocolli sono rigorosi, gli esperimenti scientifici si basano su presupposti: definizioni condivise, strumenti di misurazione, ipotesi di partenza. Questi elementi possono trasformarsi in profezie che si autoavverano: se un esperimento è costruito su un certo paradigma culturale, i risultati tenderanno a confermare quel paradigma. Inoltre, le conclusioni non sono mai univoche: dati identici possono essere interpretati in modi diversi a seconda del contesto storico e sociale. Ciò non significa che i risultati scientifici siano privi di valore, ma che vanno compresi all’interno di un quadro più ampio.Abbandonare il mito, non la scienzaRiconoscere che la pura oggettività è impossibile non equivale a negare il valore della scienza. Piuttosto, significa accettare che il sapere scientifico è prodotto da esseri umani e che, per essere più equo e affidabile, deve confrontarsi apertamente con i valori che lo plasmano. Alcuni studiosi propongono processi più democratici e partecipativi per stabilire quali priorità debbano guidare la ricerca. Questa prospettiva non riduce la credibilità della scienza, ma la rende più trasparente e responsabile. Comprendere l’influenza della cultura sui processi scientifici può, paradossalmente, avvicinarci a un’idea di conoscenza più onesta e utile.Un dibattito che riguarda tutti noiIn un’epoca in cui le decisioni politiche, ambientali e sanitarie dipendono sempre più dalle evidenze scientifiche, il mito dell’oggettività non è un dettaglio accademico. Riconoscere i limiti della scienza non significa abbandonare il metodo scientifico, ma rafforzarlo. Capire che dietro i dati ci sono persone con valori e convinzioni ci invita a un approccio critico e consapevole. Lungi dall’indebolire la scienza, questo sguardo più maturo può renderla uno strumento ancora più potente per comprendere e migliorare il mondo.Foto di Михаил Докукин da PixabayLeggi l'articolo completo su: L’oggettività scientifica è davvero un mito? Un dibattito attuale - Articolo originale di: Focustech.it