Un team di ricerca ha identificato la mutazione genetica alla base dell'aterosclerosi nei gatti Korat, una malattia che colpisce le arterie del felino rendendole rigide e infiammate. Questa scoperta, dettagliata in uno studio pubblicato su Animal Genetics, potrebbe aiutare a ridurre l'incidenza della malattia negli animali e aprire nuove strade per lo sviluppo di terapie per noi umani.. Si può prevenire. I felini colpiti dalla malattia hanno alti livelli di colesterolo nel sangue, depositi di grasso nei vasi sanguigni e sintomi clinici quali insufficienza cardiaca e renale e trombosi arteriosa negli arti inferiori.Il motivo sarebbe una mutazione del gene LDLR (che sta per Low-Density Lipoprotein Receptor, recettore delle lipoproteine a bassa densità), che gioca un ruolo chiave nella regolazione del colesterolo e negli umani causa l'ipercolesterolemia.Mentre noi spesso ereditiamo questa malattia da un solo genitore, nei gatti la mutazione deve essere tramandata da entrambi: «Questa scoperta ci permette di identificare i portatori tramite test genetici, aiutando gli allevatori di gatti Korat a prevenire l'incidenza della malattia», spiega Marjo Hytönen, coordinatore della ricerca.. Gene assente, malattia presente. A causa dell'evoluzione, ai gatti manca anche un altro gene chiave che aiuta a regolare i livelli di colesterolo, chiamato PCSK9, che negli umani regola la quantità di recettori LDL (quelli che "catturano" il colesterolo LDL, o colesterolo cattivo) presenti nel fegato.Dal momento che in assenza di PCSK9 i recettori LDL aumentano e l'eliminazione del colesterolo dal corpo migliora, finora si era pensato che i gatti fossero maggiormente protetti dalle malattie arteriose: «È stato interessante vedere come in realtà l'assenza del gene PCSK9 non protegga affatto i gatti dall'arteriopatia», commenta Hannes Lohi, uno degli autori.«Quanto scoperto non solo migliora la nostra comprensione dell'ipercolesterolemia di origine genetica e dell'aterosclerosi negli esseri umani, ma getta anche le basi per lo sviluppo di nuove vie terapeutiche», conclude Lohi..