Il giorno dopo la notte dell’intesa sul cessate il fuoco tra Israele e Hamas, tanto a Gaza quanto nelle città dello Stato ebraico tira aria di festa. Di più, di Storia. Quel che sino a un mese fa sembrava impossibile ora pare lì, a portata di mano. «Ottimo, ma andiamoci piano, per ora», invita alla cautela Ehud Olmert. L’ex premier israeliano, che ha appena compiuto 80 anni, ha passato buona parte dell’ultimo a girare il mondo per scuotere le coscienze, ricordando a tutti che il dialogo israelo-palestinese restava e resta possibile, la coesistenza dei due popoli in pace e sicurezza pure. L’ultimo appello in Europa lo lanciò diciotto giorni fa dal palco del Festival di Open, in dialogo – come quasi sempre – col suo partner di visione, l’ex ministro degli Esteri dell’Anp Nasser Al Kidwa. A poche decine di metri, per le strade di Parma, divampava la protesta contro Israele e contro lui stesso. Imperturbabile, Olmert salì sul palco e entro qualche decine di minuti la sua voce baritonale aveva sostituito le urla dei manifestanti. «Se li ho sentiti? Certo, ma non avevo intenzione di perdere l’occasione di dire ciò che mi preme», ci confessò più tardi. E oggi è a Open che consegna le sue prime impressioni nei minuti della firma in Egitto dell’accordo. Presidente Olmert, che sapore ha la giornata di oggi?«Ottimo, ma aspettiamo di vedere che le cose concordate accadano davvero».Un mese fa Gaza sembrava sul punto di essere totalmente distrutta, gli ostaggi israeliani risucchiati per sempre. Oggi s’assapora il profumo della pace. Cos’ha permesso questa svolta? «Non creiamo aspettative irrealistiche. Non siamo sul punto della pace, ma di metter fine alla guerra. Dissi al Festival di Open che tutto dipendeva da una persona: se avesse usato tutti i suoi poteri per forzare gli altri ad accettare, le cose sarebbero cambiare. Trump ha deciso di farlo, ha costretto Netanyahu a scusarsi col Qatar – passo cruciale nel processo – e ad accettare l’accordo proposto, e poi ha fatto lo stesso con tutte le altre parti».Se Trump aveva i mezzi in termini di potere e influenza per farlo succedere, perché non li ha usati prima?«Ottima domanda, ma andrebbe posta a lui. Quel che è certo è che la guerra sarebbe dovuta finire oltre un anno fa: niente nelle condizioni di fondo che oggi rendono possibile quest’accordo è cambiato da allora».Non è la prima volta dall’inizio della guerra che si raggiunge un’intesa per consentire lo scambio di ostaggi e prigionieri. Ma tutte le altre volte la tregua è poi collassata. Cosa deve succedere perché questa volta si trasformi in un cessate il fuoco durevole?«Se tutti gli ostaggi saranno restituiti in sicurezza, come ci aspettiamo, e l’America metterà in campo un fermo impegno per prevenire qualsiasi altra azione militare, allora questa volta reggerà. Dipenderà moltissimo, ancora una volta, dalla posizione di Trump». Non è chiaro sino a che punto Hamas acconsenta ai nodi del piano Usa che riguardano il futuro di Gaza. Crede che la milizia sia disposta a disarmarsi e cedere il potere nella Striscia?«Hamas è già praticamente del tutto disarmata, gli resta pochissimo. La questione quindi se mai è se si asterrà dal condurre altre azioni provocatorie. Perché questo accada, è essenziale che tutte le parti coinvolte – Egitto, Qatar, Turchia, altri partner arabi – si accordino molto presto per costituire una forza di sicurezza che prenda il controllo effettivo di Gaza, così che Israele possa ritirasi ulteriormente e Hamas non possa più riempire quel vuoto».Per quanto tempo realisticamente crede dovrà restare dispiegata una forza del genere?«Almeno per un anno, così che nel frattempo possa formarsi un organismo di tecnocrati palestinesi, approvato dall’Autorità Nazionale Palestinese ma indipendente da esso, in grado di governare Gaza al posto di Hamas e avviare la ricostruzione della Striscia con il sostegno dei Paesi arabi». Quale il punto d’arrivo di questo processo? Il ritorno al potere di Gaza dell’Anp debitamente «riformata» come richiede il piano Usa? «Ci dovranno essere elezioni nella Striscia, così che possano deciderlo i suoi abitanti. E questo consentirà all’Anp di diventare più efficace». Anche in Israele si andrà presto al voto? Netanyahu potrebbe essere tentato di cogliere il momento favorevole per andare a elezioni anticipate, non crede? «Spero che ci saranno presto elezioni, ma non per premiare Netanyahu: per liberarcene».Nel suo tour in Italia ed Europa lei ha toccato con mano l’isolamento di Israele e le piazze calde pro-Palestina. Crede che qualcosa da oggi potrà cominciare a cambiare?«Dobbiamo tutti concentrarci per assicurare che la guerra finisca e che Israele possa avviare un processo di ricucitura interna delle ferite e di cooperazione con le forze internazionali che consenta ai cittadini di Gaza di ricostruire le loro case. Se ciò accadrà, la comunità internazionale inizierà spero a guardare a Israele in modo più amichevole». Foto di copertina: L’ex premier israeliano Ehud Olmert sul palco del Festival di Open – Parma, 21 settembre 2025 (Andrea Varoni)L'articolo L’ex premier Ehud Olmert: «Ora subito una forza di sicurezza araba al posto di Hamas, poi elezioni sia in Israele che a Gaza» – L’intervista proviene da Open.