D'ora in poi niente più "hamburger" di soia e "spezzatino" di tofu. Quel genere di nomi - “bistecche, scaloppine, salsicce, burger, hamburger, tuorli d’uovo e albumi d’uovo” - potrà essere usato esclusivamente per alimenti fatti di carne. A stabilirlo è il Parlamento europeo, che ieri ha votato la revisione del regolamento sull’organizzazione comune dei mercati agricoli (Ocm). Con 355 voti a favore, 247 contrari e 30 astenuti è passato l'emendamento della relatrice del Partito popolare, la francese Céline Imart, che vieta l'utilizzo di termini riconducibili alla carne per i prodotti vegetali. I partiti di centrodestra. Fratelli d'Italia, Lega e Forza Italia, hanno votato compatti a favore del testo, mentre il Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi-Sinistra hanno scelto la linea del no. A Strasburgo il Partito democratico, manco a dirlo, si è spaccato pure sull'hamburger veggy. Come tutto il gruppo europeo di cui fa parte, i Socialisti. Infatti sei eurodeputati del Pd (Annalisa Corrado, Giorgio Gori, Camilla Laureti, Pierfrancesco Maran, Cecilia Strada e Alessadro Zan) hanno votato contro l'emendamento di Imart. Dall'altra parte, votando dunque insieme ai colleghi di destra, si sono schierati Lucia Annunziata, Brando Benifei, Stefano Bonaccini, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Alessandra Moretti, Dario Nardella, Pina Picierno, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Marco Tarquinio, Irene Tinagli, Nicola Zingaretti. Il Regolamento sull’organizzazione comune dei mercati è stato approvato dopo un lungo iter che si è aperto mesi fa quando la Commissione Agricoltura aveva dato via libera all’emendamento con 33 voti favorevoli, 10 contrari e 5 astensioni. Nell’ottobre 2024 la Corte di Giustizia dell’Unione europea aveva stabilito che gli stati membri non possono vietare termini come “steak” o “salsiccia” per prodotti vegetali, a patto che l’etichettatura non sia ingannevole. All'epoca la Corte aveva bocciato anche la legge contro la "carne coltivata" del ministro all'Agricoltura Francesco Lollobrigida, che includeva il divieto del "meat sounding", ovvero l'uso di nomi tipici dei prodotti a base di carne, per alimenti di origine vegetale o sintetica. Il divieto era stato molto contestato da UnionFood, l’industria alimentare italiana, che sosteneva avrebbe penalizzato i produttori nazionali. Così il ministro ha deciso di non pubblicare il decreto attuativo con l’indice delle denominazioni proibite. Ora però il panorama è cambiato. Oltre all'introduzione di norme contro il "meat sounding", il testo prevede anche l'apertura all’etichetta d’origine su tutti i cibi, la preferenza da dare ai prodotti di origine comunitaria e locale in mense e appalti pubblici, l'introduzione di contratti scritti obbligatori all’interno delle filiere agroalimentari, considerando anche i costi di produzione nella fissazione dei prezzi. Le modifiche al Regolamento vengono incontro alle richieste fatte dalla Coldiretti che, attraverso le parole del suo presidente Ettore Prandini, dice che è stato fatto "un passo avanti importante per rafforzare la posizione degli agricoltori”. Era da anni che l'associazione agricola stava combattendo contro il "meat sounding" e questa vittoria, dicono, "andrà a proteggere i consumatori da pratiche ingannevoli e a rafforzare il settore zootecnico europeo". Adesso è il turno dei “triloghi”, il tavolo negoziale tra Parlamento, Consiglio e Commissione che dovrà definire la versione finale del testo. Ogni giorno proviamo a costruire un giornale curioso che non si accontenta di inseguire l’attualità. Fa molto di più. La interpreta, la spiega, a volte la anticipa con le proprie notizie, giocando con le idee, con l'ironia, con ottimismo, senza catastrofismo, ricordandosi sempre che raccontare i fatti non basta: bisogna sempre spiegare da che parte si sta. Se vuoi entrare a far parte della nostra comunità, e diventare anche tu un fogliante, puoi farlo scegliendo uno dei nostri abbonamenti. Grazie e buona lettura.