Dopo 74 anni dalla fondazione dell’International astronautical federation (Iaf), la presidenza torna all’Italia dopo quasi sessant’anni. Gabriella Arrigo, direttore degli Affari internazionali dell’Agenzia spaziale italiana, ha assunto la presidenza durante lo Iac 2025 di Sydney per guidare la Federazione nel prossimo triennio. Airpress l’ha intervistata per capire il significato di questa nomina per l’Italia e delle prospettive della cooperazione spaziale internazionale.Dopo 58 anni, l’International astronautical federation ha nuovamente una presidenza italiana. Cosa significa per il sistema Paese e per la nostra community spaziale?Significa moltissimo, perché l’Italia è stata fin dall’inizio tra i Paesi fondatori della Federazione. L’Associazione italiana razzi fu tra i primi dieci membri della Iaf, che nacque nel 1951, e da allora la comunità scientifica italiana è sempre stata molto attiva. Nel corso dei decenni abbiamo anche ospitato più volte l’evento più importante della Federazione, il Congresso astronautico internazionale (Iac). A Roma nel 1956 e nel 1981, a Torino nel 1997, a Napoli nel 2012 e, più recentemente, a Milano nel 2024, che è stato il congresso più partecipato nella storia della Iaf. Oggi contiamo 34 membri italiani nella Federazione, oltre l’Asi, grandi e piccole imprese, startup, università e centri di ricerca, una rappresentanza che riflette la forza e la completezza del nostro sistema spaziale, fatto di istituzioni, imprese e accademia. Negli anni Sessanta avevamo già avuto un presidente italiano, Luigi Napolitano, uno dei padri fondatori dello spazio nazionale. Dopo tanto tempo, credo che la nostra comunità si meritasse di nuovo questa responsabilità. Personalmente, dopo aver ricoperto i ruoli di vicepresidente Iaf (2022-2024) e di special advisor del presidente Iaf, vedo questa nomina come un’occasione per rafforzare la visibilità e il peso del “sistema Italia” nello scenario spaziale globale.Ha scelto come motto “Back to the origins to discover the future”. In che cosa si tradurrà concretamente?Il motto richiama le radici stesse della Federazione. La Iaf è nata nel 1951, in piena Guerra fredda, proprio per favorire il dialogo tra le comunità scientifiche dei due blocchi, statunitense e sovietico. Alcuni pionieri dello spazio, tra cui il professore Luigi Napolitano, sentirono la necessità di creare un luogo di confronto e di collaborazione, che divenne poi il Congresso astronautico internazionale. Oggi, pur in un contesto molto diverso, ci ritroviamo davanti a una molteplicità di “blocchi” non solo politici, ma anche tecnologici, economici e culturali. Tornare alle origini, quindi, significa recuperare quello spirito di dialogo universale, cercando nuovi strumenti per favorire la cooperazione scientifica e tecnologica tra tutti i Paesi, senza distinzione di schieramenti o interessi.Tra le priorità del suo mandato c’è il rilancio della natura statutaria della Iaf come associazione internazionale, non intergovernativa. In che modo questo impegno potrà migliorare il lavoro della Federazione?Anche questo è, in un certo senso, un ritorno alle origini. Nel tempo si è forse perso di vista un aspetto fondamentale. La Iaf non è un’organizzazione intergovernativa, ma una federazione di membri. Non sono gli Stati a farne parte, ma agenzie, industrie, università e associazioni, in alcuni casi persino singoli soggetti. Questa caratteristica, che qualcuno potrebbe considerare una debolezza, è invece una grande forza. Le organizzazioni intergovernative hanno inevitabilmente processi e governance più rigide e devono muoversi entro limiti politici precisi; la Federazione, invece, grazie alla sua flessibilità, può entrare e operare in contesti in cui altre istituzioni non possono. È proprio questa libertà di movimento che oggi rappresenta una ricchezza, un valore aggiunto per promuovere la cooperazione internazionale.A quale tipo di missioni dovranno prepararsi gli astronauti nei prossimi anni?Gli astronauti di oggi si preparano a una nuova fase dell’esplorazione spaziale. In orbita bassa continueremo a vedere un cambiamento importante. Da un lato la Stazione spaziale internazionale (Iss), che ancora per alcuni anni ospiterà astronauti americani, russi, europei e di altri Paesi partner; dall’altro la stazione cinese, destinata a rimanere operativa più a lungo e ad aprirsi progressivamente alla collaborazione con altre nazioni. Ci aspettiamo quindi una transizione dalle attuali stazioni intergovernative a nuove piattaforme commerciali e, in parallelo, una crescente attenzione verso la Luna. Gli Stati Uniti, con il programma Starship e il progetto Gateway, prevedono di arrivare sulla superficie o in orbita lunare nei prossimi anni; la Cina sta sviluppando il veicolo Lunga marcia 9; India e Giappone lavorano insieme alla missione Lupex, prevista intorno al 2029. La Russia ha avuto uno stop dopo il fallimento della missione Luna 25 nel 2023, ma resta interessata al tema. Gli astronauti, quindi, si preparano a una presenza sempre più stabile sia in orbita bassa sia intorno che sulla superfice della Luna. Su Marte, invece, non siamo ancora vicini con missioni umane.Come potrà la comunità scientifica, industriale e accademica italiana valorizzare al meglio il triennio di presidenza italiana?Credo che la nostra comunità debba continuare a garantire una presenza di qualità, mantenendo la sua eccellenza in tutti i segmenti della filiera spaziale, dalla ricerca ai servizi, dall’industria all’innovazione. Ma questo è anche il momento di rafforzare la propensione alla cooperazione internazionale, che è proprio la missione della Iaf. C’è inoltre una straordinaria coincidenza che dobbiamo saper cogliere. Dal 2026 l’Italia avrà tre presidenze contemporanee nel settore spaziale. Oltre a quella della Iaf, guideremo il Comitato per l’uso pacifico dello spazio extra-atmosferico (Copuos) delle Nazioni unite e se tutto andrà bene anche la presidenza del Consiglio Esa a livello ministeriale. È un allineamento di astri davvero raro, direi una soddisfacente raccolta di frutti per il lavoro svolto con continuità, serietà e affidabilità per anni, come dico spesso, che ci pone davanti a una grande responsabilità e a un’opportunità unica. Ora tocca a noi essere all’altezza delle ambizioni.