Afghanistan. L’India gioca d’anticipo e torna a parlare con i Talebani

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di Giuseppe Gagliano –Negli ultimi mesi il Consigliere per la Sicurezza Nazionale indiano Ajit Doval ha compiuto diverse visite informali a Kabul. Secondo fonti diplomatiche regionali, si tratta di un’operazione di diplomazia discreta ma tutt’altro che marginale: l’India starebbe cercando un’intesa tattica con il regime dei Talebani, con l’obiettivo di ridurre l’influenza del Pakistan e bilanciare quella della Cina, tutelando al tempo stesso i propri interessi strategici senza entrare in rotta di collisione frontale con Pechino.Per Nuova Delhi si tratta di una svolta di grande rilievo. Per oltre vent’anni infatti l’India è stata tra i principali oppositori dei Talebani, sostenendo i governi afghani filo-occidentali e investendo miliardi di dollari in progetti infrastrutturali e assistenza civile. Oggi, però, il mutato equilibrio regionale spinge verso un approccio pragmatico: meno ideologia, più calcolo strategico.Le missioni di Doval non sono mai state annunciate ufficialmente, ma sono state confermate da diverse fonti diplomatiche e dei servizi di sicurezza regionali. Si sono svolte con grande discrezione, sfruttando canali tribali e commerciali afghani, e includendo contatti diretti con alcuni membri della leadership talebana. L’obiettivo principale è costruire un canale stabile di comunicazione per ridurre il margine di manovra dell’Inter-Services Intelligence (ISI), storicamente molto radicata in Afghanistan. Per l’India, che nel Paese ha finanziato importanti infrastrutture , cioè strade, scuole, dighe e ospedali, si tratta di un “rientro dalla finestra” dopo l’uscita precipitosa di NATO e degli Stati Uniti nell’agosto 2021.Da decenni Islamabad considera l’Afghanistan come la propria “profondità strategica” per contenere Nuova Delhi. Il sostegno politico e operativo ai Talebani, tramite l’ISI, ha permesso al Pakistan di esercitare un’influenza decisiva a Kabul, specialmente dopo la caduta del governo filo-occidentale nell’estate del 2021. La mossa indiana è chiara: non sostenere apertamente i Talebani, scelta che danneggerebbe la sua credibilità internazionale, ma dialogare senza riconoscere. Un approccio pragmatico, che mira a contenere Islamabad dall’interno del suo stesso perimetro d’influenza. Se Nuova Delhi riuscisse a ottenere anche solo una cooperazione limitata su sicurezza, intelligence e commercio transfrontaliero, la posizione strategica pakistana ne uscirebbe sensibilmente indebolita.L’altro attore da non sottovalutare è la Cina. Negli ultimi due anni Pechino ha rafforzato la propria presenza economica e diplomatica in Afghanistan per due motivi principali: da un lato la sicurezza interna, evitando che gruppi uiguri radicalizzati trovino rifugio oltre confine; dall’altro l’interesse per le risorse minerarie strategiche e le rotte terrestri della Belt and Road Initiative. L’India sa bene di non poter competere con la potenza finanziaria cinese. Per questo punta su una penetrazione “morbida”: intelligence, micro-progetti infrastrutturali, cooperazione tecnica e contatti con le élite tribali. Invece dello scontro frontale, preferisce inserirsi negli spazi lasciati aperti dal sistema talebano, sfruttando la fluidità e la frammentazione del potere locale.L’Afghanistan è oggi il centro di una competizione multipolare che coinvolge, oltre a India, Pakistan e Cina, anche Russia, Iran e, in misura minore, Stati Uniti d’America. Nessuna di queste potenze punta a un’occupazione diretta, ma ognuna cerca di ottenere leve di influenza per plasmare il futuro equilibrio regionale. In questo contesto, le mosse indiane possono essere lette come un tentativo di impedire che l’Afghanistan diventi un’appendice strategica di Islamabad e Pechino. Tuttavia, il margine di errore è sottile: dialogare con i Talebani senza legittimarli apertamente richiede equilibrio, riservatezza e una grande capacità di manovra diplomatica.Per l’India, l’Afghanistan rappresenta un tassello essenziale della sicurezza regionale e della proiezione geopolitica verso l’Asia centrale. Attraverso una cooperazione informale ma efficace con i Talebani, Nuova Delhi punta a monitorare i gruppi jihadisti transfrontalieri ostili, attivi lungo il corridoio afghano-pakistano; proteggere gli investimenti infrastrutturali realizzati nel decennio scorso; mantenere una presenza politica e informativa in un Paese che potrebbe tornare strategico per le rotte energetiche e commerciali verso l’Asia centrale; indebolire la posizione pachistana, costringendo Islamabad a difendere il proprio “cortile di casa”.L’India sta adottando una strategia di realpolitik silenziosa ma ambiziosa: costruire ponti tattici con un regime ostile per evitare che due rivali strategici, Pakistan e Cina, consolidino un controllo unilaterale su Kabul. È un gioco rischioso ma calcolato. Invece di sfidare apertamente l’equilibrio regionale post-2021, Nuova Delhi cerca di penetrarlo dall’interno, sfruttando la frammentazione del potere afghano per ottenere leve strategiche. In questo scenario, i viaggi di Doval a Kabul non sono episodi isolati, ma segnali di un riposizionamento strutturale: un nuovo capitolo nella competizione per l’Asia centrale.