Quanto costerà alle banche la rivoluzione dell’euro digitale

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Euro digitale, è tempo di fare due conti. Mentre il mondo, o parte di esso, corre veloce verso le stablecoin (qualcuno, come la Russia è pronto anche ad abbracciare la causa delle criptovalute, forse più per necessità che per scelta), l’Europa mattoncino dopo mattoncino costruisce la sua personalissima rivoluzione dei pagamenti.E le banche sono ovviamente la cinghia di trasmissione dell’intero meccanismo, chiamate a settare i propri sistemi di pagamento alla nuova moneta emessa da Francoforte. La realizzazione dell’euro digitale costerebbe agli istituti europei una cifra co presa “in una forchetta fra i quattro miliardi di euro e i 5,77 miliardi totali, cioè fra un miliardo e 1,44 miliardi l’anno in un periodo di quattro anni”. Una cifra importante, anche se parzialmente compensata, ha chiarito l’Eurotower, da possibili sinergie operative e mutualizzazioni dei costi tra le diverse realtà del settore.Parallelamente la stessa Banca centrale ha effettuato una simulazione secondo cui l’introduzione dell’euro digitale, considerando un limite individuale alla detenzione ipotetico di 3 mila euro, non avrebbe impatti rilevanti per la stabilità del sistema bancario e finanziario. E questa è certamente una buona notizia. Insomma, l’era dell’euro digitale entra sempre più nel vivo. Dietro le valutazioni tecniche di Francoforte, tuttavia, si nasconde un tema cruciale: il rischio sistemico che la digitalizzazione della moneta potrebbe innescare in caso di turbolenze finanziarie.Secondo gli scenari analizzati dalla Bce, le stablecoin denominate in dollari potrebbero diventare un acceleratore di instabilità, spingendo grandi masse di liquidità a uscire dal circuito bancario tradizionale europeo. In altre parole, in caso di crisi, i risparmiatori potrebbero spostare rapidamente i propri fondi dalle banche verso portafogli digitali in valuta estera, drenando liquidità e generando nuove tensioni. Diverso sarebbe l’impatto dell’euro digitale, il cui funzionamento dovrebbe restare strettamente legato al bilancio della Bce. Gli analisti evidenziano infatti che, a differenza delle stablecoin, l’euro digitale manterrebbe i fondi dentro il perimetro della banca centrale, riducendo i rischi di instabilità.Tirando le somme, le banche potranno gestire in relativa liquidità l’avvento della nuova moneta. Secondo le simulazioni della Bce non ci sarebbe, infatti, “alcun deflusso di depositi” nello scenario base, con un coefficiente di copertura liquidità aggregato (Lcr) che scenderebbe marginalmente dal 166 al 163%. Nello scenario peggiore, “molto ipotetico e improbabile”, di una grande crisi finanziaria con una fuga dai depositi bancari, solo 23 banche europee sulle 2.025 vigilate scenderebbero a un Lcr pari al 100%, e solo 9 banche andrebbero al di sotto, il che è consentito dagli standard di Basilea e dalla regolamentazione europea. Insomma, il progetto dell’euro digitale, dunque, avanza su un crinale sottile: da una parte la volontà di modernizzare il sistema monetario e tutelare la sovranità finanziaria europea, dall’altra la necessità di proteggere la stabilità bancaria.Ne varrà comunque la pena. Secondo il membro dell’executive board della Banca Centrale Europea, Piero Cipollone, “il problema fondamentale è che il mondo sta cambiando e le persone pagano sempre più digitalmente. Tuttavia, poiché il contante non può essere utilizzato per i pagamenti digitali, ciò riduce la loro libertà di scelta. Vogliamo preservare questa libertà integrando il contante fisico con un equivalente digitale: un euro digitale. Ciò garantirebbe alle persone i vantaggi del contante nell’era digitale”.