di Giuseppe Gagliano –Due rapporti pubblicati dal Costs of War Project della Brown University, in collaborazione con il Quincy Institute for Responsible Statecraft, hanno rivelato che dal 7 ottobre 2023 gli Stati Uniti hanno destinato oltre 21 miliardi di dollari in aiuti militari a Israele. La cifra, che sale a oltre 31 miliardi se si includono le operazioni statunitensi in Yemen e Iran, ridisegna i contorni di un conflitto regionale che appare sempre meno locale e sempre più legato agli equilibri geopolitici globali.Secondo i ricercatori William Hartung e Linda Bilmes, Israele non avrebbe potuto condurre le campagne militari a Gaza, contro l’Iran e contro gli Houthi nello Yemen senza il sostegno economico e militare di Washington.I numeri sono impressionanti: 67.160 morti e 169.679 feriti a Gaza dall’ottobre 2023; oltre mille vittime in Iran a seguito dell’attacco israeliano di giugno 2025; decine di civili uccisi nei raid sullo Yemen.Omar Rahman, senior fellow del Middle East Council on Global Affairs, ha dichiarato ad Al Jazeera che “senza armi e finanziamenti americani Israele non potrebbe sostenere la guerra a Gaza né ampliare il conflitto all’intera regione”.In base all’accordo decennale firmato durante l’amministrazione Obama, Israele riceve in media 3,8 miliardi di dollari l’anno in aiuti militari. Nel primo anno della guerra a Gaza, la cifra è schizzata a 17,9 miliardi, il livello più alto di sempre.Hartung osserva che questo incremento ha consentito a Israele di mantenere operazioni militari ad alta intensità, “sganciando un numero eccessivo di munizioni su Gaza e altrove”, con armi che il Paese non produce autonomamente.Il secondo anno di guerra è tornato alle cifre ordinarie, ma l’impatto di quell’iniezione di fondi ha già trasformato il conflitto e alimentato la devastazione nella Striscia.Il sostegno statunitense a Israele non conosce alternanza politica: democratici e repubblicani hanno approvato vendite di armi e pacchetti di assistenza per decine di miliardi, dimostrando che l’alleanza con Tel Aviv resta un pilastro della politica estera americana, indipendentemente dall’inquilino della Casa Bianca.Dagli anni Settanta a oggi, Israele è il maggiore destinatario cumulativo di aiuti esteri USA, con oltre 150 miliardi di dollari ricevuti fino al 2022.Tuttavia, l’unità politica non coincide più con quella sociale. I sondaggi mostrano un netto calo del sostegno popolare: il 60% degli americani ritiene che Israele abbia commesso crimini di guerra a Gaza, e quattro ebrei statunitensi su dieci parlano apertamente di genocidio.Matt Duss, vicepresidente esecutivo del Center for International Policy, avverte che “nessun democratico potrà vincere le primarie nel 2028 senza riconoscere che l’amministrazione Biden ha contribuito a perpetuare un genocidio”. Le rivelazioni del Costs of War rischiano di alimentare ulteriore dissenso, soprattutto in un Paese che soffre per la scarsità della rete di welfare ma trova risorse illimitate per sostenere conflitti all’estero.L’alleanza USA-Israele va oltre il calcolo umanitario o militare: è un elemento strutturale della strategia americana in Medio Oriente, volto a contenere l’Iran, controllare le rotte energetiche e assicurare l’influenza occidentale nel Mediterraneo allargato.I 21 miliardi di dollari non sono dunque solo una voce di bilancio: rappresentano il prezzo politico di una scelta strategica che prolunga il conflitto e complica ogni prospettiva di pace.