di Giuseppe Gagliano – A due settimane dal ballottaggio del 19 ottobre, l’ex presidente boliviano Jorge “Tuto” Quiroga (2001-2002), oggi candidato favorito, ha denunciato l’esistenza di “un piano per annullare il primo turno” delle elezioni presidenziali, definendolo un “colpo di Stato” contro la volontà popolare.In conferenza stampa a La Paz, Quiroga ha avvertito il presidente in carica Luis Arce di rispettare la data costituzionale per il trasferimento dei poteri, fissata per l’8 novembre, accusando settori vicini al governo di manovre per invalidare i risultati di agosto, che lo hanno visto in testa con il 47% dei voti contro il 39,3% del rivale Rodrigo Paz (PDC).Quiroga ha lodato la missione di osservazione dell’Unione Europea, sottolineando che la loro presenza rappresenta una “lente globale” che garantisce trasparenza e dissuade eventuali tentativi di manipolazione.Il capo missione, l’eurodeputato Davor Stier, ha assicurato un’“analisi indipendente e imparziale” del processo. L’UE considera questo ballottaggio una “prova di maturità istituzionale” per la Bolivia: è infatti la prima volta che la Costituzione del 2009 prevede un secondo turno per le presidenziali. Alla missione UE si uniranno nei prossimi giorni osservatori del Parlamento europeo, del Canada e della Svizzera, guidati da Annalisa Corrado.Il presidente Arce ha respinto con fermezza ogni ipotesi di rinvio o annullamento del voto, accusando parte dell’opposizione di voler destabilizzare il Paese: «Respingiamo qualsiasi manovra sconsiderata che minacci la stabilità e la pace sociale».Il clima politico resta teso: la Procura ha ricevuto una denuncia del cittadino Peter Beckhauser per presunte irregolarità in circa 3.600 verbali del primo turno. I parlamentari del Movimento al Socialismo (MAS) chiedono una commissione speciale d’inchiesta, alimentando lo scontro istituzionale.La Bolivia non è nuova a crisi elettorali: le contestazioni sul voto del 2019 e le violenze successive alla caduta di Evo Morales hanno lasciato ferite profonde nella fiducia pubblica. L’accusa di Quiroga risveglia timori di nuove fratture, in un Paese dove le tensioni tra esecutivo e opposizione spesso si intrecciano con divisioni regionali ed etniche.La possibilità di interferenze sul ballottaggio, seppur non provata, riflette la fragilità delle istituzioni e il peso della polarizzazione.Sul piano internazionale, la Bolivia è osservata con attenzione per il suo ruolo di fornitore strategico di litio e per la collocazione nel cuore andino, che la rende un nodo di stabilità regionale. Eventuali disordini o contestazioni di legittimità potrebbero frenare investimenti esteri nei settori energetico e minerario, aumentando l’incertezza economica in un momento di forte competizione globale per le risorse critiche.Il rischio di tensioni sociali non riguarda solo l’equilibrio politico interno ma anche la proiezione geopolitica del Paese in America Latina, dove la stabilità istituzionale è un requisito fondamentale per attrarre capitali e consolidare le relazioni commerciali con UE, USA e Cina.Il ballottaggio del 19 ottobre sarà dunque un banco di prova per la democrazia boliviana. La presenza internazionale può attenuare i sospetti, ma solo la trasparenza effettiva del processo elettorale e il rispetto delle scadenze costituzionali potranno evitare un nuovo ciclo di crisi politica.Per La Paz la sfida non è soltanto eleggere un presidente ma dimostrare di poter garantire continuità istituzionale e fiducia dei cittadini in un contesto regionale sempre più competitivo e interconnesso.