Anche il Vaticano dunque si è accorto che l’affidamento in house sottintende gravi pericoli per la gestione, in questo caso finanziaria (ma non solo), dei beni della Chiesa. Non è così invece per il governo, le Regioni e molti Comuni italiani. In una lettera apostolica in forma di “motu proprio” sulle attività di investimento finanziario della Santa Sede, Leone XIV toglie allo Ior gli investimenti finanziari in esclusiva. Inoltre sottolinea che “la corresponsabilità nella communio è uno dei principi per il servizio della Curia Romana, come stabilito nella Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, del 19 marzo 2022, voluta da Papa Francesco”.L’affidamento in house concede la possibilità generalmente per un ente pubblico, in questo caso religioso, di affidare direttamente una attività a una società da esso controllata, in via esclusiva. Ciò viene giustificato per semplificare e mantenere il controllo pubblico, o dello stesso Ente. Spesso si tratta di una procedura sconsigliabile. Nel caso dello IOR vaticano, nato per sviluppare i beni della Chiesa destinati ad attività religiose e di misericordia, i guai arrivano da lontano. E’ il caso del Banco Ambrosiano. La banca (controllata dallo Ior) fu al centro di uno dei più grandi dissesti bancari italiani, con implicazioni nella criminalità organizzata, logge massoniche (P2) e del Vaticano stesso.L’introduzione della nuova normativa sugli investimenti è arrivata durante il processo che riguarda il Cardinal Becciu per la gestione di fondi riservati della Segreteria di Stato. Chi pensava che l’esclusiva assicurasse un maggiore controllo e trasparenza nelle questioni finanziarie vaticane è stato smentito. Le condanne per reati patrimoniali, tra cui peculato e truffa, in carico al cardinale Angelo Becciu nella gestione di fondi vaticani, tra cui l’acquisto di un immobile di lusso a Londra e ad altri investimenti illeciti, sono stati la motivazione di questa correzione di rotta vaticana.In realtà l’affidamento in house è largamente praticato dagli enti pubblici italiani per giustificare il controllo pubblico, in genere, di servizi di igiene ambientale: rete fognaria, raccolta e riciclo rifiuti urbani; infrastrutture: trasporto pubblico locale, car-sharing e bike-sharing, gestione segnaletica, parcheggi; di trasporto come autostrade, porti ed aeroporti ecc. Senza gara, con l’affidamento diretto, mancano il confronto e la competizione tra aziende che consentirebbe costi più bassi e servizi migliori, sempre sotto il controllo pubblico, determinato da specifici contratti di servizio che assicurano veramente il raggiungimento di obiettivi sociali, redistributivi ed ambientali.Le aziende in house (completamente pubbliche) non hanno lo stesso incentivo a innovare o a contenere i costi come un’azienda scelta attraverso l’appalto pubblico. Il rischio di inefficienze gestionali delle società in house che lavorano in condizioni di monopolio sono portate a sviluppare inefficienze tipiche delle strutture burocratiche. C’è il pericolo che il servizio offerto costi di più e abbia qualità inferiore rispetto a un servizio affidato con gara.L’ente pubblico affidante avrebbe oneri maggiori di regolazione (di obiettivi e di controllo) che necessitano di competenze e trasparenza nella attività di regolazione. Inoltre se l’azienda va in difficoltà (l’Atac di Roma è stata più volte salvata dal fallimento come le le ferrovie pugliesi Sud Est), l’ente pubblico di riferimento deve sostenerla economicamente, aumentando i rischi per le finanze pubbliche ed accettando di fatto una pessima qualità dei servizi.Senza un meccanismo competitivo si riduce la trasparenza nell’individuazione dell’affidatario e ciò può generare sospetti di clientelismo.L’Anac, la Corte dei Conti e l’Unione europea guardano con attenzione a questi affidamenti proprio per il rischio di poca chiarezza nei costi ed in particolare quando alla scadenza del contratto di servizio o della concessione esse vengono prorogare più volte. Con la rigidità gestionale tipica delle aziende pubbliche è difficile ottenere margini di efficienza e qualità, le garanzia date a priori al management (scelto in base all’appartenenza politica), sono disincentivanti.In molti comparti come trasporto pubblico locale, rifiuti, energia, autostrade le norme Ue spingono verso le gare e giustificano l’in house solo come eccezione. Chissà che il governo italiano non adotti una “motu proprio” come quella di Papa Leone per ridurre i tantissimi affidamenti diretti e le proroghe delle concessioni (balneari) o licenze (taxisti) per aumentare l’efficienza dei servizi pubblici, ridurre i costi e migliorare la qualità della vita dei cittadini italiani.L'articolo L’Italia prenda spunto dal Vaticano: basta concessioni dirette, senza gara e senza efficienza proviene da Il Fatto Quotidiano.