Il viaggio in treno oggi si misura anche in megabit al secondo. Il Wi-Fi a bordo è diventato infatti un elemento chiave dell'esperienza: non basta più viaggiare comodi e arrivare puntuali, in treno bisogna poter lavorare, guardare un film o navigare sul web senza interruzioni.Un recente studio di Ookla – la società dietro Speedtest – ha fotografato con precisione la situazione del Wi-Fi ferroviario in Europa e Asia. I risultati mostrano un continente spaccato in due: Svezia e Svizzera guidano con connessioni da fibra ottica, mentre Spagna, Regno Unito e Paesi Bassi restano indietro con velocità quasi simboliche. E l'Italia? Purtroppo le notizie non sono per niente buone. Vediamo insieme in dettaglio come siamo messi. Per anni il Wi-Fi sui treni è stato considerato un comfort accessorio, una gentile concessione al passeggero. Oggi è un criterio di valutazione della qualità del servizio al pari della puntualità o del comfort delle carrozze. La crescita dello smart working e la diffusione dei servizi di streaming hanno reso evidente che i convogli devono essere estensioni mobili della rete domestica. Secondo Ookla, i paesi che trattano la connettività ferroviaria come parte integrante dell'infrastruttura nazionale ottengono risultati nettamente superiori. Non basta installare access point a bordo: servono reti dedicate lungo le tratte ferroviarie, antenne ottimizzate per il passaggio dei treni e piani di collaborazione tra operatori mobili e gestori ferroviari. In Svezia, ad esempio, il regolatore PTS finanzia siti mobili in galleria e impone copertura minima sui binari principali.In Italia, invece, la rete ferroviaria convive ancora con un approccio ibrido. Trenitalia e Italo offrono Wi-Fi a bordo, ma la qualità del servizio dipende in gran parte dal segnale delle reti mobili commerciali. Quando il treno attraversa gallerie, zone rurali o aree montuose, la connessione tende a crollare. Manca una rete dedicata ai treni, e i progetti per migliorare la copertura lungo i binari procedono lentamente, nonostante gli investimenti previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). Il confronto tracciato da Ookla mostra un'Europa spaccata in due. La Svezia guida la classifica con una velocità media di 64 Mbps, seguita da Svizzera e Irlanda, mentre Spagna, Regno Unito, Austria e Paesi Bassi arrancano con prestazioni fino a 150 volte più lente. La differenza non è solo tecnologica ma politica: dove lo Stato considera la copertura ferroviaria una questione strategica, i risultati arrivano.In Svezia, ad esempio, il governo finanzia direttamente l'infrastruttura mobile lungo le linee principali e obbliga gli operatori a garantire prestazioni minime anche in galleria. In Svizzera, invece, il sistema FreeSurf evita del tutto il Wi-Fi condiviso, consentendo ai passeggeri di navigare con i propri dati mobili senza consumarli, grazie ad accordi con gli operatori nazionali. L'Italia si colloca nella parte bassa della classifica: la copertura 4G e 5G lungo le tratte ad alta velocità è buona, ma mancano continuità e coordinamento. I treni Frecciarossa e Italo offrono connessioni variabili, spesso soggette a congestione nelle ore di punta o a interruzioni nei tratti montani. Le iniziative di RFI e TIM per migliorare la connettività ferroviaria, come i test di reti 5G dedicate lungo i corridoi europei TEN-T, sono un passo avanti, ma non esiste ancora un piano nazionale integrato per il Wi-Fi ferroviario.Un altro limite è la scarsa penetrazione delle bande più moderne, come i 5 GHz, che offrono maggiore capacità ma richiedono una rete d'accesso ben ingegnerizzata. Nei convogli italiani, gran parte delle connessioni resta vincolata a tecnologie più datate e a una copertura mobile che non è stata pensata per seguire il treno in movimento.Ciò comporta un netto svantaggio in termini di latenza, che sui treni italiani è molto alta (62 ms), ben lontana dai record di Taiwan (13 ms) ma anche di alcuni paesi europei, come Irlanda, Cechia, Paesi Bassi e Lituania. Il futuro della connettività ferroviaria si gioca su due fronti: il 5G dedicato alle ferrovie e i satelliti a bassa orbita (LEO). Entrambe le tecnologie puntano a superare il principale collo di bottiglia del Wi-Fi a bordo: il collegamento tra il treno e la rete a terra, noto come backhaul. Il nuovo standard europeo FRMCS (Future Railway Mobile Communication System) sostituirà gradualmente il GSM-R, portando una rete 5G privata per le comunicazioni operative dei treni. Anche se pensato per la sicurezza e la gestione del traffico, il FRMCS potrà offrire una base più stabile per il Wi-Fi dei passeggeri, grazie a una rete più densa e a bassa latenza. In Italia, RFI ha già avviato studi per la migrazione e test lungo alcune tratte pilota, in linea con i programmi europei che prevedono il completamento nel corso del prossimo decennio.Parallelamente, i satelliti LEO – come quelli delle costellazioni Starlink e OneWeb – stanno emergendo come alleati per coprire tratte rurali o difficili da raggiungere con le reti terrestri. Le prove condotte da Trenitalia e da altri operatori europei mostrano come un sistema ibrido, che combina connessioni mobili e satellitari, possa garantire una copertura continua anche nei tratti più isolati. In futuro, l'obiettivo sarà integrare più reti – 5G, LEO e Wi-Fi 6E – in un unico sistema intelligente capace di gestire automaticamente le fonti di segnale migliori in base al percorso e alla domanda di traffico. L'Italia si trova davanti a un bivio: continuare con soluzioni frammentate o trasformare la connettività ferroviaria in un'infrastruttura nazionale, al pari dell'alta velocità. I dati di Ookla non lasciano dubbi: dove si investe in reti dedicate e cooperazione tra operatori, i passeggeri viaggiano veloci anche nel digitale.L'articolo Il Wi-Fi sui treni italiani fa schifo, ora abbiamo le prove per dirlo sembra essere il primo su Smartworld.