Argentina, dopo due anni la rivoluzione di Milei sta implodendo: peso in caduta libera e riserve valutarie in calo

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Tagli senza freni alla spesa pubblica, crisi valutaria e nuovi prestiti, prezzi dei servizi alle stelle: a meno di un mese dalle elezioni di medio termine l’Argentina del presidente Javier Milei appare tutt’altro che un Paese sulla via della ripresa. E l’indice Emerging Market Bonds di J.P. Morgan, che misura il rendimento dei titoli di debito sovrano in valuta estera, ha registrato pochi giorni fa una nuova impennata, superando i 1.200 punti, il valore più alto dell’anno, alimentando nuovi timori sulla tenuta del Paese.A due anni dall’ingresso di Milei nella Casa Rosada, la rivoluzione anarco capitalista si sta rivelando fallimentare. Continuano i tagli con la motosega alla spesa pubblica: un’analisi del Centro di Economía Política Argentina (CEPA) mostra nei primi otto mesi del 2025 una riduzione reale della spesa pubblica del 31% rispetto al 2023, con tagli fino al 100% nell’area della sanità, della previdenza sociale e dell’istruzione. Cali compresi tra l’89% e il 100% anche nei lavori pubblici: infrastrutture, pavimentazioni, bacini idrografici, gallerie e ponti, e fino all’83% nelle aree di scienza e tecnologia, di promozione e ricerca per l’innovazione, e fino al 76% nello sviluppo produttivo ed energetico. Crollati i trasferimenti alle province e ai comuni, con riduzioni fino al 100%. Anche le forze armate e federali non sono sfuggite alla scure, con tagli a polizia federale (-32%), esercito (-17%), marina militare (-20%), aeronautica militare (-21%). In controtendenza, invece, la spesa per la Segreteria dell’Intelligence di Stato, sotto il diretto controllo della Presidenza, cresciuta del 23 per cento.La riduzione della spesa pubblica ha contribuito a frenare la domanda interna e a contenere l’inflazione, passata dal 300% su base annua di inizio 2024 al 33,6% di agosto 2025. Tuttavia, il peso prosegue nella sua spirale svalutativa: l’accordo con il Fondo Monetario Internazionale di aprile per 20 miliardi di dollari ha esaurito il suo effetto stabilizzatore, e anche l’ultima ciambella di salvataggio da ulteriori 20 miliardi di dollari, lanciata direttamente dal governo americano pochi giorni fa, sembra non essere sufficiente a risolvere l’endemica crisi valutaria. Dopo le elezioni provinciali di Buenos Aires di un mese fa, che hanno visto uscire sconfitto il partito del presidente, la popolazione ha accelerato la vendita di pesos per acquistare dollari, costringendo la banca centrale a vendere rapidamente riserve valutarie (circa 1,1 miliardi di dollari in tre giorni) per sostenere la moneta locale, portando le riserve a meno di 5 miliardi di dollari e mettendo ulteriormente sotto pressione la valuta. La scorsa settimana, secondo fonti informali riportate da El Pais, la banca centrale ha messo sul mercato ulteriori 450 milioni di dollari.I tagli alla spesa e la svalutazione del peso hanno portato il costo della vita alle stelle, con effetti devastanti per le classi medie e basse. Un’analisi di giugno del Centro RA dell’Università di Buenos Aires rivela una riconfigurazione forzata del paniere dei consumi, con un drastico cambiamento nella composizione della spesa delle famiglie. Durante il primo anno di mandato di Milei, il 59% della spesa è stato destinato ai servizi, con un aumento di 10 punti percentuali rispetto all’anno precedente, con un potere d’acquisto reale compresso dalla necessità di coprire le spese essenziali. Gli aumenti dei servizi sono allarmanti: nella città di Buenos Aires, il gas è aumentato del 631%, i trasporti del 707%, l’elettricità del 390% e l’acqua di quasi il 350%. Incrementi decisamente superiori alla crescita media del 129% della spesa alimentare, dove persino i prodotti lattiero-caseari, con un aumento del 174%, sono alle spalle di quasi 100 punti percentuali del servizio con l’aumento più basso. Sottolineando la pressione sproporzionata sui redditi per coprire i bisogni primari.Il rallentamento dell’inflazione ha permesso di contenere la povertà: nel primo semestre 2025, secondo le rilevazioni ufficiali dell’INDEC, l’Istituto Nazionale di Statistica, la povertà si è attestata al 31,6% della popolazione, il valore più basso degli ultimi sette anni, dopo il picco del 52,9% del primo semestre dello scorso anno. Tuttavia un rapporto dell’Observatorio de la Deuda Social dell’Università Cattolica Argentina, pur riconoscendo come la povertà sia diminuita, ha messo in discussione questi numeri per due ragioni. In primis per un paniere alimentare fermo al biennio 2004-05, ritenuto obsoleto, e che non comprende le spese per i servizi cresciute a dismisura nell’ultimo anno per i tagli alle sovvenzioni. In secondo luogo per le modifiche apportate al questionario dell’indagine permanente sulle famiglie, che, incorporando nuove domande orientate a contabilizzare i redditi informali, limita la comparabilità con i valori passati.Il problema del lavoro sommerso non riguarda solo la misurazione della povertà, ma è in diretto rapporto con la povertà stessa. Uno studio dei gruppi di ricerca EDIL – IIEP, dell’Università di Buenos Aires, rivela che il 42% dei lavoratori informali vive in famiglie povere e il 40% guadagna meno del paniere alimentare di base. Il fenomeno è in aumento: nel secondo trimestre del 2025 i lavoratori in nero, senza previdenza sociale e contribuiti pensionistici, hanno raggiunto il 43,2%, in aumento dell’1,6% rispetto all’anno precedente. Le categorie più colpite sono i giovani e i lavoratori autonomi, mentre i settori più interessati sono quelli dell’edilizia e del lavoro domestico, entrambi con il 75,4% di lavoratori irregolari.L'articolo Argentina, dopo due anni la rivoluzione di Milei sta implodendo: peso in caduta libera e riserve valutarie in calo proviene da Il Fatto Quotidiano.