Il nome di Annalisa nei nuovi album in uscita mancava da due anni. Due anni in cui la sua voce e i suoi capelli rosso fuoco non sono mai davvero scomparsi dal palco, anzi hanno inseguito una data dopo l’altra fino ad approdare all’Ariston. Ora il digiuno finalmente si interrompe con un lavoro concreto, «umano» e caldo. Si potrebbe dire che Ma io sono fuoco, il disco prodotto da Warner uscito venerdì 10 ottobre, è un’opera in qualche modo sudata perché frutto di un anno e mezzo di instancabile lavoro, nei ritagli di tempo tra un impegno e il successivo. È forse anche per questo che, come ha raccontato la 40enne savonese a Open, riunisce in sé due degli elementi più “naturali” per la cantante: quell’impronta elettropop anni Ottanta e un uso della parola ironico, a volte sarcastico, ma «dritto». Tagliente.Le novità del disco: «Ho scritto senza pensare, ne avevo bisogno»Con Dipende si parte dalla rabbia, che diventa malinconia in Piazza San Marco che diventa ironia in Maschio per poi tornare rabbia in Avvelenata. Una rabbia però diversa da inizio disco, un po’ più distaccata.Infine il disco si chiude parlando di quell’amica «di cui tutti abbiamo bisogno», e della tigre che tutto divora e fa ricominciare la litania del tempo circolare. Si presenta così il nuovo disco, il nono della sua carriera: un percorso interiore fatto di una serie di fotografie. «Le canzoni sono arrivate senza pensare. In viaggio mi appuntavo delle cose, poi aprivo il mucchio di appunti in studio e da lì decidevo dove andare. La musica nasce perché ne ho bisogno, il senso lo trovo solo dopo». Un album frutto, per dirlo alla latina, di un lungo labor limae: «Non ci sono novità, c’è piuttosto un affinare certe cose. Ho lavorato togliendo, perché mi piace scrivere come si parla. Trovo sia più onesto», ha detto Annalisa. Tutto, ovviamente, senza mai rinunciare alla sua ironia provocatoria. E al sound anni Ottanta: «Trovo che sia il mondo sonoro che fa più per me, in cui mi sento anche più rappresentata. Questa volta ha però tanto di suonato, tanta umanità e più calore».Il significato dell’album: «Le cose cambiano, bisogna reagire senza perdersi»Il titolo, Ma io sono fuoco, è frutto di una fulminazione: «Mi sono ritrovata in un passo dello scrittore Jorge Luis Borges in cui lui parla della circolarità del tempo. Dice che il tempo è un fiume che ti trascina ma io sono quel fiume, che è una tigre che mi rincorre ma io sono quella tigre, che è un fuoco che mi divora ma sono io quel fuoco». E non a caso in copertina sono tutti elementi presenti. Ma sulla cover c’è anche Annalisa, armata di tutto punto ma «in maniera poetica». Perché in questo tempo che si ripete sempre uguale e si consuma e si rigenera, noi «siamo molto attivi». Non sempre in qualità di protagonisti però: «Volevo parlare della capacità di reagire alle cose che succedono, per questo il “Ma” nel titolo. Può non essere positivo o piacevole, ma posso farlo diventare un’opportunità. Trasformarmi anch’io senza perdermi, senza rinnegare la mia essenza. Anzi, trasformarmi insieme alle cose che si trasformano». Con qualche goccia di quella malinconia presente in Piazza San Marco, cantata a tu per tu con Marco Mengoni: «Volevo chiamarlo subito, ma ho aspettato di avere le idee più chiare sul progetto. Quando siamo andati in studio è stato tutto facilissimo, è una cosa rara».La paura del giudizio: «C’è poca empatia, ma gli artigli non riesco a tirarli fuori»Questa tensione verso l’“essere tigri” si scontra però con una realtà che non fa sconti e punta il dito. «Ci tenevo a parlare di giudizio, del fatto che molto spesso sia molto presente nelle vite delle donne e di tutti», ha spiegato Annalisa a Open. «Manca tanta empatia. Anzi c’è questa tendenza a ritenere qualcuno totalmente sbagliato basandosi su una piccolissima cosa e due minuti dopo ritenerlo santo e perfetto». Una pressione che anche la stessa savonese subisce costantemente: «La mia tigre sono i pensieri che non mi fanno dormire. Io sto tutta la notte lì a pensare, mi sembra l’unico momento in cui riesco a mettere certe cose in ordine». E di fronte a queste cose, tirare fuori gli artigli è quasi impensabile: «Faccio fatica, ma cerco comunque di farlo con il mio aplomb. Io ho bisogno del mio ritmo, faccio fatica a mettere gli altri a disagio: preferisco parlarne nelle canzoni». Il dramma di Gaza: «Mi sento in difficoltà»Ma io sono fuoco è anche una presa di consapevolezza della velocità del presente, sempre più saturo di stimoli che si accavallano uno sopra l’altro: «Mi sembra sempre più veloce man mano che si va avanti, ma io cerco di fare una cosa per volta, anche quando sono tante tutte insieme. Sono fatta così», confessa Annalisa. Per la cantante, però, è complicato tirare fuori gli artigli anche quando si tratta dei drammi dell’attualità, come il massacro di civili a Gaza. «A me piace lanciare provocazioni, magari un po’ velate. Ma su Gaza non è facile cimentarsi in canzoni leggere per parlare di cose così grandi, mi sento in difficoltà. Può essere però che in futuro butti giù qualche appunto». Il tour in arrivo e i progetti futuri: «Collaborazioni con donne? Solo se esce una bomba»Per ora nel futuro prossimo di Annalisa ci sono le 13 date del tour che contano già 4 sold out: partirà il 15 novembre da Jesolo e si chiuderà un mese dopo a Torino. «Stiamo già lavorando da un po’ agli arrangiamenti live. Sarà uno spettacolo intenso, abbastanza lungo: stiamo parlando di una trentina di canzoni più o meno, circa un paio d’ore. Non sono riuscita a rinunciare ad alcune canzoni». Del resto, prevedere il futuro è cosa da veggenti: «Collaborazioni con altre donne? È difficile incastrare i progetti. Ci ho pensato diverse volte ma deve uscire una bomba, un singolo della Madonna». È altrettanto complicato cercare di immaginarsi strade internazionali per il disco appena uscito: «Ho solo pensato a lavorare bene. Poi chissà, io sinceramente mai mi sarei aspettata di finire a Los Angeles premiata di fronte a Katy Perry a Karol G», ha riso la cantante ricordando il premio “Global Force” ricevuto ai Billboard Women in Music l’anno scorso. Il tour, come si legge nella locandina, sarà però solo il «Capitolo I»: «È vero che il lavoro che hai fatto in passato comunque serve te lo tieni, ma si ricomincia sempre da capo». E così anche Annalisa riparte sempre da zero: «È difficile che io mi dica brava. Dopo il mio primo concerto al Forum me lo sono detta, quella sera ero felice. Dal giorno dopo ho ripreso a criticarmi. Ora ci sono i Palasport, poi ci saranno altri capitoli. Non so ancora quali, ma saranno speciali».L'articolo Annalisa, il nuovo disco e la paura del futuro: «Ora sono più onesta, i giudizi non mi fanno dormire la notte. Gaza? Difficile cantarne, ma chissà» proviene da Open.