AGI - Niente nazionale per chi aderisce alla nuova lega 'Rugby 360': è l'altolà lanciato dalla Fir italiana e dalle federazioni di Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica, Irlanda, Inghilterra, Scozia e Francia sul progetto che prevede squadre in franchising e match itineranti tra le maggiori metropoli mondiali. In una nota congiunta, le otto federazioni hanno invitato alla "massima cautela" i giocatori e ai membri degli staff tecnici che stanno valutando la possibilità di unirsi a 'Rugby 360'. Ciascuna delle federazioni nazionali "informerà i giocatori e le giocatrici che la partecipazione a R360 li renderebbe ineleggibili per la selezione nelle rispettive squadre nazionali", hanno avvertito. Il progetto che potrebbe cambiare volto alla palla ovale mondiale è guidato da Mike Tindall, vincitore della Coppa del Mondo del 2003 con l'Inghilterra e dall'agente Mike Spoors. Dovrebbe partire nel settembre 2026 con otto franchigie maschili e quattro femminili. Fenway Sports Group (proprietari del Liverpool FC), la famiglia Glazer (proprietari di Manchester United e Tampa Bay Bucaneers) e Red Bull sono tutti disposti a pagare circa 15 milioni di sterline ciascuno per una squadra in R360, affiancati da vari fondi d'investimento. "Accogliamo con favore nuovi investimenti e innovazioni nel rugby, e sosteniamo le idee che possono aiutare il gioco a evolversi e a raggiungere nuovi pubblici", hanno scritto le otto federazioni, "tuttavia, qualsiasi nuova competizione deve rafforzare lo sport nel suo insieme, non frammentarlo o indebolirlo. Tra i nostri compiti come federazioni nazionali c'è quello di adottare una visione d'insieme nei confronti delle nuove proposte e valutarne l'impatto su diversi aspetti, incluso se esse contribuiscano all'ecosistema globale del rugby di cui tutti siamo responsabili oppure se rappresentino un elemento negativo per il gioco". "R360", sottolinea la nota, "non ci ha fornito alcuna indicazione su come intenda gestire la tutela della salute dei giocatori, su come gli atleti potrebbero continuare a perseguire il sogno di rappresentare il proprio Paese, ne' su come la competizione possa coesistere con i calendari internazionali e nazionali, frutto di anni di negoziati sia per il rugby maschile che per quello femminile". "Il modello R360, per come e' stato presentato pubblicamente, sembra piuttosto concepito per generare profitti destinati a un'elite molto ristretta, rischiando di svuotare gli investimenti che le federazioni nazionali e i campionati esistenti dedicano al rugby di base, alla formazione dei giocatori e ai percorsi di crescita", lamentano le federazioni che avvertono che "indebolire l'ecosistema" rugbistico "potrebbe arrecare un danno enorme alla salute del nostro sport".