Quando a lasciarci è un personaggio discutibile, che nel corso della sua vita abbiamo criticato, avversato, denigrato, è sempre difficile parlarne. Ritornare sui motivi del conflitto sembra poco opportuno, fingere che non sia accaduto nulla e cercare qua e là motivi di stima e simpatia appare ipocrita. Per cui ora che Emilio Fede è scomparso non vorrei ritornare sul suo giornalismo berlusconiano, quello che lo ha più caratterizzato, reso personaggio, oscurando la parte precedente della sua notevole carriera in Rai da ottimo inviato nel celebre Tv7 a direttore del Tg1. Facciamo una cosa, non so se sia giusta, ma è l’unica che mi sento di fare in questo momento.Lasciamo stare il suo Tg4 e anche quello Studio aperto del 16 gennaio del 90, che in ogni caso resta nella storia della tv italiana per l’annuncio, prima di ogni altra testata, dell’attacco americano in Kuwait. E lasciamo stare la sceneggiata del fuori onda poco professionale sul caso Cocciolone. Dimentichiamo la comica delle bandierine azzurre inserite sulle regioni che credeva conquistate dal centrodestra nelle elezioni del 95 e poi spostate all’arrivo dei risultati; non parliamo dell’orrenda campagna denigratoria nei confronti dei leader del centrosinistra in occasione dell’affaire Telecom Serbia poi rivelatosi una solenne bufala.In un giorno come questo facciamo come se non fossero mai esistite le storpiature dei nomi degli avversari politici o le insolenze in diretta nei confronti della redazione colpevole di qualche errore, tutte quelle cose che ci facevano indignare. Facciamo invece un’altra cosa, che mi pare venga trascurata da tutti.Riavvolgiamo il nastro, come si dice e torniamo al 1983. Rai 1 per contrastare il successo di Canale 5 e del suo Superflash, propone un nuovo programma, che si chiama Test. E’ davvero una novità perché, oltre ai concorrenti in studio che rispondono alle domande del professor Spaltro che servono a delineare il loro profilo psicologico, gli spettatori a casa possono fare la stessa cosa e conoscere meglio la propria personalità. Un tentativo più unico che raro all’epoca di interazione tra l’emittente e il pubblico. Un gioco, certo, ma simpatico, intelligente, con un pizzico di cultura, un bell’esempio di intrattenimento di qualità. A condurlo con eleganza, Emilio Fede nel suo ruolo preferito di piacione.Niente giornalismo, niente Tg4, niente Berlusconi, niente cene eleganti; oggi ricordiamolo così, quando ci invitava a prendere carta penna e calamaio e a giocare con lui per scoprire il nostro carattere.L'articolo Emilio Fede, voglio ricordarlo per un gioco intelligente che tentò di condurre proviene da Il Fatto Quotidiano.