Amici a parole. Ma a fatti, Russia e Cina continuano a rifilarsi calci e calcetti sugli stinchi. Nelle ore in cui la grande parata a Pechino con Vladimir Putin e Xi Jinping in stile Mao sembra riportare le lancette indietro agli anni della Guerra Fredda e dello scontro muscolare tra il blocco atlantico e quello a Est, arriva l’ennesima riprova che non è tutto oro quel che luccica. La Russia se la passa piuttosto male, non è certo una novità. Le finanze arrancano, soldi per finanziare la guerra ce ne sono pochi e le banche invocano i primi salvataggi di Stato. Insomma, a Mosca serve denaro. Denaro che, vista la sempre più fitta rete delle sanzioni, deve per forza di cosa passare attraverso istituti e finanziarie amiche.Sono mesi, forse anni, come questo giornale è stato in grado di raccontare a più riprese, che le banche del Dragone, per paura di finire a loro volta sulla padella delle sanzioni, negano le transazioni alle corrispettive russe. Adesso si aggiunge un altro tassello, che rende il quadro ancora più surreale. La Heihe Rural Commercial Bank, uno dei più importanti istituti di territorio cinesi, ha sospeso i pagamenti da e per la Russia dopo essere stata sottoposta a sanzioni da parte dell’Unione Europea. Non bisogna mai dimenticare che, a partire dallo scorso luglio, l’Ue ha cominciato a prendere di mira anche le banche cinesi, accusate di collaborare e finanziare la Russia.La scorsa settimana la banca poc’anzi citata ha smesso di accettare denaro russo, spiegando la mossa come adeguamenti infrastrutturali interni. Scusa che però non regge. Heihe avrebbe iniziato a sospendere le operazioni con le banche russe già dall’11 agosto. L’economista e manager russo Alexey Ostanin, ha osservato che altre banche cinesi si rifiutano di elaborare bonifici provenienti da Heihe, dopo l’inclusione della banca nell’elenco delle sanzioni dell’Ue. Ma la connection non si esaurisce qui. Le cinque più grandi banche del Dragone, tutte statali e quelle che, per intendersi, tengono in piedi la seconda economia globale, stanno fronteggiando una compressione inaspettata dei margini e degli utili e un aumento delle insolvenze sui prestiti. Si tratta di un problema non da poco per Pechino, dal momento che si tratta dei motori dell’economia cinese, senza i quali ogni speranza di reggere il ritmo della concorrenza con gli Stati Uniti, risulta vano.E dunque, gli istituti di credito, a cominciare dall’Industrial&Commercial Bank of China (Icbc), hanno in serie in queste ore annunciato utili in calo o deboli nella prima metà del 2025. Nel complesso, le cinque banche più grandi della Repubblica popolare hanno accantonato accantonamenti per perdite su prestiti pari a 3,5 trilioni di yuan (630 miliardi di dollari di Singapore) nella prima metà dell’anno, con un aumento di quasi il 6% rispetto alla fine dell’anno scorso. Esattamente come in Russia. Chissà se Xi e Putin lo sanno.