Qui a Caracas il Venezuela mi pare sereno: così sfida l’imperialismo Usa

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Qui a Caracas il clima è di grande tranquillità e serenità. Il popolo sciama per le strade per godere i frutti della ripresa economica in atto ormai da qualche tempo, risultato a sua volta della stabilità politica raggiunta con la conferma di Nicolas Maduro a presidente, avvenuta a larga maggioranza nelle elezioni presidenziali del luglio 2024 e ribadita dal successo del Gran Polo Patriotico alle successive elezioni politiche del maggio 2025 e amministrative del luglio 2025.Le radici storiche dell’unità venezolana risalgono com’è noto alle guerre per l’indipendenza nazionale condotte fra gli altri da Bolivar, Zamora, dal leader afrovenezolano Negro Primero, dall’eroina dell’indipendenza, Luisa Cáceres de Arismendi, e dal leader indigeno Guaicaipuro. Il Venezuela di oggi è una società multietnica e multiculturale che vede la partecipazione su di un piano di parità di tutti i settori. La grande epopea socialista cominciata con la vittoria di Chavez alle elezioni presidenziali del 1998 e continuata ininterrottamente durante gli ultimi 27 anni è stata appunto contrassegnata dall’affiorare delle istanze e rivendicazioni dei settori storicamente emarginati. Ciò è avvenuto nonostante i complotti dell’imperialismo statunitense che non si è mai rassegnato a perdere le enorme risorse del Paese, che vorrebbe destinare, come sempre in passato, ai profitti delle multinazionali come Exxon Mobil e alle accumulazioni della finanza anziché alla realizzazione dei diritti dei popoli.Esaurite tutte le possibili opzioni alternative, dai colpi di Stato alle rivolte di piazza, dallo strangolamento economico, che pure continua a costare caro al Venezuela, al terrorismo puro e semplice, gli strateghi dell’Impero hanno imboccato la strada senza ritorno dell’aggressione diretta, schierando una flotta da guerra nel mar dei Caraibi. La scusa, assolutamente ridicola e incredibile, per i motivi già esposti qui, è la repressione del narcotraffico. Obiettivo reale le risorse del Venezuela e Nicolas Maduro, simbolo vivente dell’unità del Paese nel segno della lotta contro il neocolonialismo e l’imperialismo. Un’ampia cornice ideologica nella quale si riconosce anche l’opposizione democratica e costituzionale di cui fa parte anche, ad esempio, la giovane deputata del partito Acción Democratica che è venuta a dare il benvenuto all’aeroporto insieme ai suoi colleghi del partito di Maduro, il Partito Socialista Unito del Venezuela (Psuv), alla nostra delegazione del Centro di ricerca ed elaborazione per la democrazia (Cred).Se una parte minoritaria del popolo venezolano aveva in passato espresso appoggio alle posizioni di Corina Machado, oggi costei è più che mai isolata e disprezzata, mentre continua a rivolgere rabbiosi inviti a Trump affinché intervenga militarmente contro il Venezuela. Un Premio Nobel che auspica un bagno di sangue è certamente un atroce paradosso.Scopo principale della nostra missione (con me ci sono dall’Italia l’avvocata Francesca Trasatti e la dottoressa Margherita Cantelli, esponenti entrambe anche di Potere al Popolo) è la partecipazione alla Conferenza internazionale dei giuristi che comincia stamattina per ribadire le ragioni del diritto internazionale alla pace e all’autodeterminazione di fronte alla brutale prepotenza dell’imperialismo guerrafondaio e assassino.C’è in effetti un filo rosso che unisce, nel segno del diritto internazionale, Venezuela, Palestina e altri conflitti odierni. Il declino dell’Occidente e in particolare degli Stati Uniti che trascinano con sé nel gorgo i loro decerebrati vassalli europei, genera guerre e genocidi, perché l’unica carta rimasta in mano a quelli che furono a lungo i padroni del mondo è quella militare. Per questo i decadenti regimi occidentali, compresa l’Italietta di Giorgia Meloni, alimentano, armandoli fino ai denti, il genocida Netanyahu e il guerrafondaio Zelensky, principali pericoli oggi per la pace mondiale, mentre, ripetendo la favoletta del “dittatore” Maduro, legittimano anche l’aggressione contro il Venezuela.Alla forza bruta degli apparati militari occorre opporre quella del diritto internazionale, perché si tratta dell’unica chance di sopravvivenza dell’umanità nell’attuale transito verso il multipolarismo. Occorre sperare che quelli che si producono oggi nel mar dei Caraibi siano gli ultimi rantoli di una belva morente e che i popoli, compreso quello degli Stati Uniti, che a New York si è recentemente espresso per il candidato socialista Mamdani, sappiano affermare le loro ragioni, smantellando gli apparati criminali dediti a guerre e genocidi per salvaguardare gli interessi economici e strategici di un pugno di nemici dell’umanità contro l’umanità stessa, oggi in forte pericolo.L'articolo Qui a Caracas il Venezuela mi pare sereno: così sfida l’imperialismo Usa proviene da Il Fatto Quotidiano.