La guerra delle spie del generale Armando

Wait 5 sec.

AGI - Armando, nome di battaglia del generale Cesare Amè, il 2 agosto 1943 aveva avuto un incontro al Lido di Venezia con l’ammiraglio Wilhelm Canaris, capo dello spionaggio tedesco Abwehr, che aveva sondato il collega lasciando scivolare la frase che si augurava un 25 luglio anche nel Reich. Amè aveva rassicurato il tedesco sulla volontà italiana di continuare a combattere al fianco della Germania, ma poi in una fase successiva dei colloqui, tra schermaglie e ambiguità come a una partita a carte coperte, l’astuto ammiraglio aveva ventilato di sapere che l’Italia si sarebbe sganciata dall’Asse e che c’erano diversi ufficiali tedeschi desiderosi di sbarazzarsi di Adolf Hitler e di farla finita con quella guerra. E aveva aggiunto di non essere troppo di manica larga nel consentire l’ingresso in forze di truppe tedesche dal Brennero.Armando, ovvero Amè, non poteva aggiungere nulla perché il Governo Badoglio aveva volutamente escluso il Servizio informazioni militari (SIM) da tutte le manovre di ritiro dall’alleanza, per non insospettire i tedeschi. Canaris, di ritorno a Berlino, avrebbe strumentalmente rassicurato Hitler sulla fedeltà italiana, per giochi suoi, ma il Führer, che non si fidava dell’ammiraglio, non gli aveva creduto. Neanche Badoglio si fidava di Amè e quindi del SIM che dirigeva dal 20 settembre 1940. Mussolini, pur avendo un disperato bisogno dell’intelligence, si era comportato allo stesso modo da quando Amè aveva espresso la sua assoluta contrarietà all’entrata in guerra, e quindi gli aveva continuamente celato le mosse che intendeva fare, e dandogli informazioni lacunose e in ritardo. Il primo incarico nell’intelligence dopo tre medaglie al valor militare Piemontese di Cumiana, nei dintorni di Torino, Amè era nato il 18 novembre 1892. La famiglia non aveva tradizioni militari (il padre Francesco era impiegato al catasto) ma lui era entrato all’Accademia di Modena uscendone con i gradi di sottotenente. Il primo incarico operativo è nel 1912 nella guerra di Libia contro l’Impero ottomano, con le mostrine del 92º reggimento di Torino. Viene rimpatriato nel 1914 e l’anno seguente è promosso prima tenente poi, con l’entrata dell’Italia nel conflitto mondiale, capitano. Frequenta a Padova il corso da ufficiale di Stato Maggiore e viene destinato alla 25ª divisione sul fronte del Carso. È a Caporetto nel 1917, in seguito sul Piave e fino a Vittorio Veneto agli ordini del maggiore Giovanni Messe che sarà uno dei più capaci generali italiani della seconda guerra mondiale finendo promosso Maresciallo d’Italia prima della resa in Tunisia.Alla fine della Grande guerra può sfoggiare sul petto due medaglie di bronzo e una d’argento al valor militare. Prosegue la carriera sotto le armi frequentando la Scuola di guerra di Torino. Le sue qualità e la sua intelligenza non passano inosservate al colonnello Attilio Vigevano, capo dei servizi segreti, che lo chiama nel 1921 nel controspionaggio. Resta in quello che nel 1925 è diventato SIM, inanellando una serie di missioni e incarichi fino al 1929, per rientrarci dopo diverse esperienze di comando a gennaio 1940, da colonnello, e come vice del generale Giacomo Carboni, che però a settembre viene silurato avendo manifestato apertamente la sua avversione ai tedeschi. Tre mesi dopo l’entrata in guerra dell’Italia si ritrova al vertice del SIM che all’epoca è uno dei quattro servizi informativi che agiscono in autonomia e rivalità l’uno con l’altro, con ovvi problemi di coordinamento a causa di gelosie ed esclusività di competenze. Il doppio colpo con la Jugoslavia e con il Black Code sottratto agli Usa Tra i primi atti di Amè va sottolineato l’accorpamento del Controspionaggio militare e servizi speciali per il controspionaggio interno, finché a giugno del 1943 riesce a fare del SIM l’unico organismo di spionaggio e controspionaggio in Italia e all’estero. Era una struttura efficiente e professionale, costruita con sistemi moderni, di specialisti preparati e assai abili. A dispetto della conduzione militare della guerra, che Amè, ormai generale, aveva avversato nella piena consapevolezza dell’impreparazione, i servizi segreti si rivelarono la punta di diamante del Regio Esercito, anche se il ruolo e l’importanza sono spesso sottaciuti o addirittura ignorati.Clamorosa l’opera di disinformazione a danno dell’esercito jugoslavo che eseguì per due giorni ordini operativi falsi diramati a tavolino dal SIM, proprio per iniziativa di Amè che non ne aveva neppure accennato a Mussolini. Ancor più eclatante il colpo messo a segno dalla Sezione P (Prelevamento) del tenente colonnello Manfredi Talamo che si impossessò dei codici di cifratura dell’Ambasciata Usa a Roma (Black Code) quando gli Stati Uniti erano neutrali, riuscendo a riportare in chiaro tutte le comunicazioni con gli inglesi che poi venivano girate al Feldmaresciallo Erwin Rommel che se ne avvalse per le sue formidabili vittorie sul fronte nordafricano.Gli americani si accorsero solo nell’estate del 1942 che i loro codici erano stati violati. Ma mentre i tedeschi accusavano gli italiani di fughe di notizie quando i convogli di rifornimenti venivano intercettati e affondati dalla Mediterranean Fleet britannica, la realtà era che gli inglesi riportavano in chiaro con Ultra le cifrature considerate inattaccabili della macchina Enigma, e quindi erano proprio loro a rivelare le mosse della Regia Marina. E furono proprio i documenti dell’Afrika Korps caduti in mani inglesi a far scoprire che gli italiani leggevano il Black Code che venne pertanto cambiato e blindato. Del SIM non si fidava Mussolini e non si fida neppure Badoglio La “macchina” creata da Amè all’epoca era riconosciuta di altissimo livello dagli stessi nemici, anche se l’Abwehr di Canaris era molto più articolata numericamente e quindi molto più presente sul territorio estero e in maniera più pervasiva. La testa pensante del SIM non arrivava neppure a 1.500 addetti. Ma pagò sempre l’assurdo scollamento con i vertici politici. Così come Mussolini informava delle sue mosse con scarsissimo preavviso, Amè non venne minimamente informato delle manovre che portarono il Gran Consiglio del fascismo il 25 luglio alla defenestrazione di Mussolini, e neppure dei segretissimi piani militari preparatori del Governo Badoglio in vista della cessazione delle ostilità con gli Alleati. Il Maresciallo con decreto esonerò il generale Amè il 18 agosto, estromettendolo di fatto dalle trattative per l’armistizio, perché neppure l’esecutivo si fidava dei doppi e tripli giochi del SIM. Al vertice, con mossa sciagurata, venne posto l’ex capo generale Carboni, che cumulava il comando dei servizi segreti con quello del Corpo d’armata motocorazzato a difesa di Roma, con esiti disastrosi nelle ore susseguenti la proclamazione della resa incondizionata dell’8 settembre. Il tenente colonnello Talamo fatto eliminare da Kappler alle ArdeatineIl generale Amè nell’autunno del 1944 sarà assegnato alla Commissione di inchiesta del ministero della Guerra sul comportamento degli ufficiali generali e colonnelli al momento dell’armistizio e nel periodo successivo, e nel 1947 sarà collocato nella riserva. Verrà promosso generale di divisione nel 1948. La sua esperienza la consegnerà alle pagine delle sue memorie pubblicate nel 1954, dal titolo Guerra segreta in Italia, dove ripercorre l’attività del SIM sotto la sua guida. Il collega Canaris, che Armando aveva incontrato a Venezia per fare il punto sulla situazione italiana nel dopo-Mussolini, coinvolto nell’attentato a Hitler del 20 luglio 1944, sarà impiccato nel 1945 nel lager di Flossenbürg a una corda di pianoforte. L’abile Manfredi Talamo, uno dei migliori ufficiali del SIM, sarà fatto eliminare alle Fosse Ardeatine nel 1944 per decisione personale del tenente colonnello SS Herbert Kappler, perché aveva infiltrato lo spionaggio tedesco a Roma. Amè si spegnerà a Roma nel 1983.