“C’è solo da aspettare: noi siamo qui solo con una speranza enorme, ma per noi è anche un dolore infinito”. Così Lorenzo Adinolfi, figlio del giudice Paolo Adinolfi scomparso nel 1994, parlando ai giornalisti fuori dalla Casa del Jazz a Roma dove da stamattina sono ripresi gli scavi. “Sono francamente sorpreso del fatto che siate sorpresi di vedermi qui, di sabato o tutti i giorni, è mio padre, è normale”, ha detto rispondendo ancora ai cronisti.“Rivelazione di un pentito? Lo dovete chiedere agli inquirenti, noi siamo le vittime. Lo abbiamo appreso da voi. Piuttosto, se avete voi informazioni datele agli inquirenti, per noi questo è vitale. Per il resto – conclude – noi ci siamo sempre fatti parte attiva in questa storia. Spiace che solo dopo 30 anni vedo questo numero incredibile di giornalisti, non ho mai visto nessuno in questi 30 anni. Per i 20 anni (dalla scomparsa ndr) li abbiamo pagati noi gli spazi sui giornali per ricordare papà”.Ex inquilino Casa Jazz: “C’era cantina collegata a catacomba”“La casa stava in fondo, dove adesso hanno fatto una casa di registrazione. Lì c’era un salone dove i commendatori facevano le feste, venivano le vecchie compagnie e lì c’era una cantina, una trentina di scalini e c’era una scala che consentiva di accedere e poi si arrivava fino alle catacombe“. Così ai cronisti Franco Piacentini, ex inquilino di Villa Osio, oggi Casa del Jazz a Roma dove da giovedì si scava per individuare l’ingresso della catacomba e dove si ipotizza possano trovarsi anche i resti del magistrato Paolo Adinolfi, scomparso nel 1994.I lavori, iniziati giovedì mattina, si stanno concentrando in un punto ben preciso attorno alla villa che un tempo era di Enrico Nicoletti, considerato il cassiere della Banda della Magliana.“Mio padre lavorava per Osio e io ho abitato qua vent’anni, dal 1948 al 1968. Per me qualche cosa sotto ci deve essere. Hanno subito chiuso proprio lì, alla cantina, dove c’era un botola, ‘sta grotta diciamo, che poi quella andava giù e arrivava fino alle catacombe. Ai miei tempi là ci mettevamo le bottiglie del vino, perché era fresca la cantina”.Questo articolo Giudice Adinolfi, il figlio agli scavi alla Casa del Jazz: “Per noi dolore infinito” proviene da LaPresse