di Giuseppe Gagliano – Per Kiev la sicurezza energetica è diventata un fronte di guerra parallelo. Gli attacchi russi alle centrali, ai gasdotti e ai nodi di distribuzione hanno messo in ginocchio la produzione interna, costringendo l’Ucraina a cercare nuove rotte per garantire la sopravvivenza energetica del Paese nei mesi più critici. L’accordo siglato ad Atene per l’importazione di GNL statunitense, trasformato e ridistribuito dalla Grecia, è il tassello più recente di una strategia che combina diplomazia economica, partenariati europei e una corsa contro il tempo.Zelensky, durante la visita ufficiale, ha chiarito l’entità del problema: ricostruire ciò che i russi distruggono richiede tempo, denaro e macchinari che spesso Kiev non ha. Per questo il GNL proveniente dagli Stati Uniti diventa la rete di sicurezza che dovrà sostenere il Paese da dicembre a marzo, quando il consumo energetico raggiunge i picchi stagionali.La Grecia, grazie alla propria rete portuale e ai terminal di rigassificazione, sta diventando un hub energetico regionale. L’accordo tra la statale ucraina Naftogaz e la greca DEPA utilizza il corridoio balcanico per far arrivare il gas fino in Ucraina, sfruttando infrastrutture che in passato avevano un ruolo secondario. È un rovesciamento di prospettiva: una volta l’Europa centro-orientale dipendeva dai flussi che attraversavano l’Ucraina. Ora è Kiev a dipendere dall’Europa.La trasformazione ha anche un valore politico. Si tratta di un modo per ridurre l’influenza russa sui sistemi energetici regionali e dimostrare che, nonostante il conflitto, l’Ucraina resta integrata nelle reti europee. La Commissione europea garantisce parte dei fondi necessari, quasi due miliardi di euro, mostrando che Bruxelles vuole mantenere Kiev agganciata al mercato comune ben oltre il sostegno militare.Atene negli ultimi anni ha costruito passo dopo passo un ruolo che non aveva mai ricoperto. Con l’apertura all’esplorazione del gas dopo oltre quarant’anni, in partnership con ExxonMobil e società locali, la Grecia punta a diversificare la propria economia ma anche a consolidare un peso geopolitico che le consente di influenzare i flussi energetici dell’Europa sud-orientale.Secondo diversi analisti, compreso Harry Tzimitras del Peace Research Institute, il Paese rischia però di pagare un prezzo elevato: infrastrutture imponenti, costi finanziari elevati e possibili tensioni con Paesi che vedono nella nuova capacità energetica greca una minaccia agli equilibri esistenti. Inoltre la spinta al GNL statunitense, molto costoso e ad alto impatto ambientale, rischia di rallentare la transizione ecologica e di creare nuove vulnerabilità per i bilanci energetici nazionali.Il gas americano, oltre a garantire continuità all’Ucraina, rappresenta un segnale della strategia energetica occidentale: creare corridoi che isolino la Russia e riducano la sua capacità di usare l’energia come strumento di pressione. La Grecia, definita da Mitsotakis “fornitore di sicurezza energetica”, incarna questa nuova funzione. È un ruolo che si estende ben oltre Atene: influisce sul mercato europeo, sulle rotte del Mediterraneo e sulle relazioni con i produttori del Golfo.In parallelo, Zelensky sta ricostruendo le sue alleanze di difesa. Con la Francia lavora a un pacchetto di supporto militare centrato su aviazione da combattimento e difesa aerea, mentre la Spagna, pur senza annunci formali, sembra pronta a fornire contributi nella protezione dello spazio aereo ucraino. È una diplomazia della necessità: sicurezza energetica e sicurezza militare diventano due lati della stessa moneta.Mentre l’Ucraina irrigidisce le sue linee energetiche, la Russia continua a premere sul fronte meridionale. A Zaporizhia Mosca rivendica nuovi avanzamenti, con l’obiettivo dichiarato di prendere il controllo dell’intera regione. La guerra energetica e quella militare scorrono parallele: la sospensione temporanea delle esportazioni di petrolio da Novorossiysk, dopo un attacco ucraino, ha fatto salire i prezzi mondiali del greggio. Un porto che gestisce oltre due milioni di barili al giorno fermo per soli due giorni è bastato a creare nervosismo sui mercati.È la prova che ogni colpo scambiato sul terreno ucraino ha effetti immediati sulla sicurezza economica del pianeta. Per questo l’accordo sul GNL non è solo un contratto commerciale: è un tentativo di rendere l’Ucraina meno vulnerabile a una guerra che, colpendo l’energia, colpisce la sua stessa capacità di resistere.Kiev sta tessendo la propria sopravvivenza passo dopo passo, collegando terminal greci, fondi europei, forniture statunitensi e accordi militari con i principali Paesi dell’Unione. È un mosaico fragile, certo, ma è anche la dimostrazione di come una guerra moderna non si combatta soltanto con missili e droni. Si combatte con contratti energetici, con alleanze industriali, con nuove infrastrutture che ridisegnano le mappe politiche.L’inverno ucraino, questa volta, sarà il test supremo: non solo per Kiev ma per l’intero sistema europeo che ha deciso di sostenerla.