“Se mi dessero 100 milioni di dollari darei all’azienda di Intelligenza Artificiale non solo la voce ma anche la mia immagine. Per 50 milioni in più permetterei pure di farmi fare dei porno”. Antonio Banderas ha voglia di scherzare. O forse no. Quando nell’incontro con la stampa, durante il Torino Film Festival 2025, chiediamo all’attore spagnolo se dopo Matthew McConaughey e Michael Caine, che hanno venduto la propria voce alla ElevenLabs, anche lui cederebbe i diritti dei suoi “gioielli” è come una diga che cede. Tutto sembra avere un prezzo, anche se la battuta ci sta tutta. Dice Banderas, a Torino per celebrare Dolor y gloria dell’amico mentore scopritore Pedro Almodovar: “Il problema dell’intelligenza artificiale è che arriveremo al punto in cui non avranno più bisogno di me o di Humphrey Bogart e Marilyn Monroe. Potranno ricreare tutto e meglio. Potranno creare personaggi che commuovono più di noi. La gente piange guardando Il Re Leone. E stiamo parlando di disegni. Per questo guardo al teatro. Il teatro non cambierà mai. Saranno sempre persone in una stanza con altre persone. E in futuro avremo il diritto di sapere se ciò che stiamo guardando è un robot o una persona”.Se la ride il 65enne andaluso che ha fatto impazzire per almeno un decennio Hollywood: “Le persone non credono più a ciò che vedono: una volta alla fine di uno spettacolo a Málaga una signora mi chiese ‘Banderas… sei davvero tu?’. La gente rideva, ma il problema è che viviamo un deficit di attenzione e di fiducia”. Parla comunque con un filo di voce il Bell’Antonio. Pantalone bianco con risvoltino, scarpa da tennis bianca con suola esagerata e alla moda, golfino verde con scollo a V senza niente sotto, Banderas ha ancora molto da dire e raccontare. A partire da quel teatro dove si è rifugiato (“attenzione, non è mica una bara dove mi sono chiuso dentro”) da quando nel 2017 ha subito un infarto e ora gira con tre stent. “Il teatro non è una fuga. E comunque, quando mi chiamano per un film che vale la pena, dico sì. A volte, confesso, faccio un film perché mi paga un nuovo spettacolo teatrale. Ho quasi duemila posti nella mia sala teatrale e si sono aggiunte altre due sale. Sto facendo un progetto immersivo per esplorare nuove tecnologie e ho una scuola di formazione”. Schietto è schietto il ragazzo tossicodipendente che legava al letto Victoria Abril sotto l’egida di Almodovar in Legami! nel 1989.“È curioso quando mi dite “sex symbol”, eppure credo di essere l’attore che ha interpretato più personaggi gay nella storia del cinema. È una contraddizione rispetto a quell’immagine”. Banderas del resto non è uno che te la manda a dire. Anche quando i giornalisti, al solito, vogliono rinchiuderlo nel recinto anti-Trump o anti-destra, non è che si metta a fare troppe barricate liberal: “Pedro ha detto che siamo tutti in pericolo? Guardate, noi assistiamo a un problema globale: l’immigrazione. Nessuno sa come affrontarla. Molti si sentono minacciati da chi arriva, alcuni sono costretti a delinquere. Io se fossi nato in Sudan farei lo stesso: scapperei. Ci sono paesi che espellono persone che non vogliono e altri paesi che non hanno strutture adatte a gestire la situazione. In una parola: il caos. Chi si difende vota l’estrema destra che promette di fermare tutto questo. Sono tempi confusi, non ci sono risposte chiare. Esistono soluzioni sicuramente, ma richiedono decenni e i politici non hanno tempo. Servirebbe un Piano Marshall per l’Africa, con infrastrutture, università, lavoro: cinquant’anni di impegno, che nessuno vuole assumersi”.L'articolo “Per 100 milioni mi vendo all’AI, per altri 50 gli permetterei anche di farmi fare dei porno. Ho avuto un infarto, ora giro con 3 stent”: parla Antonio Bandderas proviene da Il Fatto Quotidiano.