Quando Dante incontra impresa e finanza. Etica e potere nell’era dell’AI

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Nell’era dell’Intelligenza Artificiale e delle tecnologie disruptive le lezioni impartiteci dal Sommo Poeta, e più in generale dall’umanismo classico, rappresentano una preziosa guida per mantenere dritta la barra in quest’epoca di profonde trasformazioni, che toccano sia la società nel suo complesso che le singole dimensioni interne ad essa, come ad esempio quella del mondo del lavoro. E proprio della dimensione lavorativa si è parlato alla Luiss Business School in occasione della presentazione di “Dante in the Workplace. How Leaders Can Avoid the Seven Deadly Sins”, il nuovo libro dell’Executive Presidente dell’Ie Madird University Santiago Íñiguez de Onzoño, occasione per una riflessione collettiva sul ruolo dell’etica, dell’umanismo e del giudizio morale nella leadership contemporanea, con un focus posto sui vizi e sulle virtù che attraversano le imprese e chi le guida.I saluti istituzionali del direttore della Luiss Business School, Paolo Boccardelli, e dell’ambasciatore di Spagna in Italia, Miguel Fernández-Palacios, hanno introdotto il dibattito sotto la moderazione della Professoressa della Luiss Valentina Gentile, durante il quale l’autore si è confrontato con gli altri speaker presenti su alcune questioni chiave che emergono dalle pagine del suo scritto. Come la scelta del Purgatorio come chiave di volta del ragionamento, poiché come sottolinea lo stesso autore “Il Purgatorio è la condizione umana. Non siamo demoni né santi: siamo esseri in formazione. È il luogo della speranza, della possibilità di migliorarsi”. E in un’epoca come la nostra dove la tecnologia andrà a sostituirci in molti dei nostri compiti “tecnici”, è necessario riportare il focus sulle nostre virtù, una delle caratteristiche fondanti della nostra umanità. Così come lo sono anche i vizi, d’altronde. Ed è nel trovare un equilibrio continuo tra questi due estremi che, afferma Íñiguez de Onzoño, si colloca la leadership. “La virtù non è assenza di difetti, ma capacità di stare nel mezzo. L’arroganza non va confusa con la sicurezza, così come l’umiltà non coincide con la timidezza”.Una regola che vale oggi come valeva nella Firenze medievale, due mondi lontani nel tempo ma molto più vicini di quanto possa sembrare. Entrambe queste epoche sono infatti segnate da instabilità, conflitti e rapida trasformazione sociale. “La società di Dante era in cambiamento, proprio come la nostra, sospesa tra innovazioni, turbolenze politiche e rivoluzioni culturali. Anche oggi viviamo in un tempo purgatoriale: non dannati, non salvati, ma in ascesa”, commenta Fabio Corsico, direttore del master in Family Business Management presso la Luiss Business School, che poi suggerisce anche una lettura sulla natura educativa del Purgatorio, chiara metafora del mondo delle organizzazioni imprenditoriali: “L’errore non è definitivo se diventa un’occasione di apprendimento”.Tanto come per l’imprenditoria, il Purgatorio dantesco può essere usato anche come modello per il mondo della finanza. Proprio su questo si incentra l’intervento del chairman di Kairos Partners Sgr Guido Maria Brera, che ha messo in luce tensioni e contraddizioni del capitalismo contemporaneo. “Ho trovato potentissimo che Santiago abbia scelto il Purgatorio, perché nella gestione del denaro la speranza non esiste. Se inizi a sperare, hai già perso”, ha affermato Brera, descrivendo un sistema economico dominato da un eccesso di liquidità e logiche di breve periodo, in cui “i fondi mettono spesso i piedi in testa alle aziende, e i Ceo diventano ostaggi dei gestori”. Come fare allora a conciliare l’interesse degli azionisti con quello degli stakeholder? Nessuno ha una risposta certa. Tantomeno l’Intelligenza Artificiale: non esiste un algoritmo né un manuale in grado di sciogliere questi dilemmi. “Alcune decisioni manageriali non possono essere delegate alla tecnologia. Richiedono giudizio morale. Significa chiedersi se il principio che guida la mia scelta potrebbe diventare universale, come avrebbe detto Kant”, afferma Íñiguez de Onzoño, evidenziando ancora una volta come la leadership del futuro non sarà definita solo da competenze tecniche, ma da virtù, cultura e capacità di giudizio.