Scioperi e libertà d’informazione: dov’è la terzietà dei “Garanti”?

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Un “garante” segue l’altro: 150mila euro di penale comminati dalla Commissione per la “Privacy” (con i voti dei consiglieri di destra ma anche del presidente Pd e del membro Cinque Stelle) a Sigfrido Ranucci di Report per colpire la libertà d’informazione; poi fino a 2 milioni di euro che la Commissione sugli scioperi vorrebbe togliere alle 8 Confederazioni (Cgil, Usb, Cobas, Unicobas, Cub ed altri) che hanno proclamato lo sciopero generale del 3 ottobre per Gaza e a ognuna delle loro articolazioni di categoria (circa 40 differenti soggetti giuridici). I “garanti” sono delle autocrazie, manganelli del governo e dei poteri forti?Nel merito dello sciopero, va detto che l’illegittima aggressione armata da parte dello Stato di Israele contro imbarcazioni civili (diciotto delle quali battenti bandiera italiana) in navigazione per Gaza, avvenuta il primo ottobre (quando abbiamo proclamato lo sciopero), ha imposto l’obbligo morale di chiamare i lavoratori italiani a manifestare con urgenza per l’incolumità e la sicurezza dei cittadini e dei lavoratori imbarcati nella Global Sumud Flotilla, impegnati in azioni umanitarie di solidarietà verso la popolazione palestinese, vittima, come ritenuto dall’Onu, per due anni, di un attacco militare indiscriminato che ha ucciso 80mila persone, prevalentemente civili, fra le quali almeno 20mila minori, con centinaia di migliaia di feriti privati persino di medicinali, cibo e acqua potabile.Dunque, anche per la rapida successione degli avvenimenti, doveva applicarsi l’art. 2, comma 7, della L. 146/1990 sul diritto di sciopero che esime da regole e preavviso quando si tratta di difendere i principi costituzionali. La delibera restrittiva del 2.10.2025 della Commissione di Garanzia contraddice lo spirito della norma.Il 3 ottobre si trattava di spingere il governo italiano a proteggere quanti erano sulla Flotilla, almeno fino al limite convenzionale di 12 miglia dalla costa, in acque territoriali impropriamente gestite da Israele di fronte alla striscia di Gaza (entità palestinese). La Marina Militare, della quale sarebbe bastata la mera presenza, ha seguito gli eventi soltanto fino a 150 miglia dalla costa, per poi abbandonare i naviganti (ed i propri cittadini) in balia di Israele, che aveva annunciato di voler trattare i componenti della Flotilla come “terroristi”. L’illegale abbordaggio, con il sequestro ad armi spianate delle persone e dei natanti, è infatti avvenuto in acque internazionali, fra le 60 e le 70 miglia marine dal terra: un vero e proprio atto di pirateria, vietato dal diritto internazionale, con precise regole d’ingaggio vincolanti anche per il nostro Paese.Lo sciopero generale risultava l’unico strumento per consentire ai lavoratori italiani di esprimersi immediatamente contro la connivenza del governo italiano, nonché contro l’aggressione dello Stato di Israele al Popolo Palestinese e ai suoi sostenitori, a cominciare dai membri della Flotilla. Il governo non ha seguito le prescrizioni costituzionali, eludendo il ripudio della guerra e sostenendo uno stato aggressore. Sinergie militari con Israele, scambi commerciali e di materiale bellico coinvolgenti società e imprese italiane, anche pubbliche o partecipate, considerata l’indiscriminata violazione del diritto internazionale, avrebbero dovuto (e devono) essere interrotti. Ma l’Italia ha votato in sede Ue contro qualsiasi sanzione ad Israele ed ha rassicurato Netanyahu quando gli è stato spiccato contro un mandato d’arresto internazionale.Costituzionalmente, l’astensione collettiva dal lavoro è uno degli strumenti a tutela dei diritti inviolabili: libertà di espressione e partecipazione sindacale e politica, di opinione e di manifestazione. Senza lo sciopero i lavoratori italiani non avrebbero potuto manifestare tempestivamente durante l’orario lavorativo. Tale esigenza è stata confermata dall’enorme presenza di piazza in tutto il territorio nazionale.Infine, il procedimento della Commissione di Garanzia non è solo giuridicamente viziato e volutamente repressivo, ma risulta persino raffazzonato. La premura persecutoria, caldeggiata fra gli altri dal ministro Salvini, ha indotto la Commissione in errori madornali.Oltre ad un preavviso di 2 giorni anziché 10, viene contestato il mancato rispetto dei termini di interruzione con piccoli scioperi locali e di settore già previsti da organizzazioni diverse, quando in passato la medesima Commissione ha considerato lo sciopero generale “assorbente” e prevalente sugli altri. Ma il massimo dell’improvvisazione sta nel contestare alla Cib Unicobas uno sciopero nei trasporti, mai proclamato onde evitare ai lavoratori i rischi legati alla minacciata precettazione.Poi l’Unicobas Scuola e Università, sindacato autonomo e distinto (che ha evitato la proclamazione esistendo già una regolare indizione per il comparto da parte del SiCobas), viene chiamato in causa come la Cib Unicobas, unico ente proclamante. L’Unicobas Scuola è attivo in un settore ove lo sciopero è stato considerato legittimo: sarebbe stato controproducente metterlo a rischio con un’ulteriore inutile indizione fuori dai termini di legge. La confusione ci espone ad un raddoppio della sanzione.Quanti hanno a cuore la libertà d’espressione, la democrazia ed il diritto delle organizzazioni sindacali di indire scioperi quando questo è decisivo, e quello dei lavoratori di aderirvi, devono vigilare attentamente sulla conclusione di queste inaudite vicende. Anche per questo il sindacalismo di base sciopera di nuovo il 28 novembre.L'articolo Scioperi e libertà d’informazione: dov’è la terzietà dei “Garanti”? proviene da Il Fatto Quotidiano.