“Buon viaggio Marie” quando un suicidio assistito può essere raccontato e mostrato con garbo e ironia

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Anche un suicidio assistito può essere raccontato e mostrato con garbo e ironia. È quello che fa l’attrice francese Enya Baroux, all’opera prima dietro la macchina da presa con Buon viaggio Marie (On ira, in originale). Un on the road apparentemente buffo, con tipizzazioni comiche tipicamente francesi (Paul Lottin è uno sbruffoncello elegante e perfetta faccia da schiaffi), un Little miss Sunshine che non si arena nel vuoto e noioso minimalismo hollywoodiano. L’80enne Marie (Hélène Vincent, magnifica con o senza Ozon) è oramai giunta al capolinea. Un cancro la sta divorando e ha già deciso di farla finita con il suicidio assistito in Svizzera. Serve solo la firma su un foglio di suo figlio Boris, una sorta di strampalato nullafacente (David Ayala) vagolante tra progetti irrealizzabili (una app per i divorzi che nessuno finanzia) e zeppo di scoperti bancari. E visto che Bruno è disinteressato a mamma, ci pensa Marie a sfruttare l’infermiere a domicilio Rudy (Lottin, appunto) chiamato per un’urgenza modello allarme Beghelli, altro assurdo personaggio che vive con un topolino amico dentro ad una gabbietta occupando abusivamente case dei clienti.L’anziana prima lo fa firmare al posto del figlio, poi come ultimo desiderio, sparando una balla pure lei, convince Boris e Anna, la giovanissima nipote un po’ bizzarra, a partire sul vecchio camper di famiglia per la Svizzera dove il nonno avrebbe lasciato non si sa bene quale scampolo di eredità. Un viaggio lentissimo, pieno di pause volontarie e comiche, che attraversa la Francia delle coste del nord ovest fino al confine Est, dove si scopre che Boris si è venduto l’impossibile e che sgraffigna pure i soldi sul conto della figlia. Insomma, in Buon viaggio Marie tutti e quattro i protagonisti sono degli imbroglioni. Chi più, chi meno, non sanno far altro che mentire in modo scanzonato alle persone care o vicine.L’on the road è comunque estremamente spassoso, giocato su situazioni paradossali, con un umorismo nel dipingere contesto, atmosfera e caratteri sempre un centimetro sopra la righe, ma mai cadendo nell’idiozia demenziale. Buon viaggio Marie è un piccolo miracolo nell’amalgama tra ingredienti che colorano in superficie della commedia e il sottotesto del dramma. La pratica del suicidio assistito del resto aleggia sfumata ineludibile con una energia visiva e un’onestà morale che va ben oltre i formalismi più laccati e tediosi. Tra gli attori spicca la faccetta istrionica della Vincent che si piega lentamente dal riso al dolore in una performance di inaudita qualità. Per infierire, infine, ancora nel confronto tra tono, costrutto e risultato tra le produzioni francesi e quelle italiane (come abbiamo fatto per I colori del tempo).Buon viaggio, Marie è letteralmente Il premio di Alessandro Gassman girato come dio comanda, con naturale ispirazione poetica e totale controllo dei propri mezzi espressivi. Distribuisce Movies Inspired.L'articolo “Buon viaggio Marie” quando un suicidio assistito può essere raccontato e mostrato con garbo e ironia proviene da Il Fatto Quotidiano.