Cosa ci dice l’appello di Breton sulla sovranità digitale europea

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“Proteggere la nostra sovranità digitale è fondamentale”. A scriverlo è Thierry Breton, in un appello congiunto replicato sulle principali testate europee. Questa frase è l’inizio del pezzo pubblicato sul Guardian, in cui l’ex commissario per il mercato e i servizi difende i suoi prodotti, ovvero il Digital Markets Act (Dma) e il Digital Services Act (Dsa) dalle incursioni che arrivano dall’esterno ma anche da dentro la comunità europea. “Non possiamo lasciarci intimidire. Dovremmo resistere a qualsiasi tentativo di smantellare queste leggi, attraverso progetti “omnibus” o in altro modo, a pochi mesi dalla loro entrata in vigore, con il pretesto di semplificare o di porre rimedio a un presunto pregiudizio anti-innovazione. Nessuno – avverte Breton – si lasci ingannare dall’origine transatlantica di questi tentativi. Quindi non facciamo gli utili idioti. La seconda espressione della nostra sovranità digitale deve implicare la protezione, a tutti i costi, dell’integrità dei nostri pilastri giuridici digitale, anche a livello geopolitico”.L’attacco, va da sé, è pesantissimo. Ed è rivolto a chiunque cerchi di dilapidare i successi che ha ottenuto l’Europa in materia tecnologica, proprio nel giorno in cui il cancelliere tedesco Friedrich Merz riceve a Berlino il presidente francese Emmanuel Macron proprio per dare nuovo slancio alla sovranità digitale comunitaria. L’obiettivo è diventare una nuova alternativa credibile a quelle rappresentate da Stati Uniti e Cina, collaborando ma rimanendo sempre fermi sui propri principi. Quello che secondo Breton non si sta facendo, mettendo in discussione le regole che l’Unione europea si è data.“La legge sui servizi e quella sui mercati digitali, la legge sui dati e quella sull’intelligenza artificiale costituiscono il fondamento comune per proteggere i nostri bambini, i nostri cittadini, le nostre imprese e le nostre democrazie da ogni tipo di abuso nello spazio dell’informazione”, scrive precisando che senza una propria sovranità “l’Europa potrà affermare una sovranità credibile e duratura solo combinando una regolamentazione ambiziosa, investimenti massicci, innovazione, azioni coordinate e sviluppo dei propri talenti”. Deve quindi “investire nella ricerca e nelle infrastrutture critiche, supportare l’ecosistema europeo lungo l’intera cate di valore, deve formare e attrarre molti più esperti digitali di alto livello. E deve promuovere l’emergere di campioni del settore in grado di competere con le grandi aziende tecnologiche, attraverso finanziamenti per startup, consolidando le Pmi innovative e costruendo piattaforme europee native”.Come detto, il suo intervento arriva in un momento cruciale. L’Europa si trova di fronte a un bivio: seguire la sua strada, improntata sulla burocratizzazione e su regole ferree; oppure ascoltare i consigli degli alleati, in questo caso americani, che chiedono un approccio diverso, più liberista, in cui i grandi attori (le Big Tech) hanno possibilità di svilupparsi senza troppi limiti. Breton non ha dubbi su quale opzione scegliere, ma teme che nel pacchetto omnibus di mercoledì l’Europa possa compiere un passo indietro. Preoccupano, ad esempio, i tanti soldi spesi da parte dei vari colossi per convincere le autorità europee. Secondo i dati del Corporate Europe Observatory e di LobbyControl, quest’anno hanno speso 151 milioni di dollari in attività di lobbying, contro i 113 milioni di due anni fa e i 97 milioni del 2021. Una pressione forte, che dovrebbe portare a meta.Da vedere se la semplificazione porterà veramente verso un modello molto simile a quello statunitense. La richiesta di snellire le procedure, che giunge forte anche da Paesi di spicco come la Germania, serve ufficialmente a favore lo sviluppo, per non incatenarlo dentro dei paletti forse troppo stretti. Se poi lo snellimento vorrà dire che le Big Tech potranno fare ciò che vogliono, è tutto un altro discorso.