La rivolta di Atene del 17 novembre 1973 ci ricorda che la democrazia va coltivata ogni giorno

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di Alberto MinnellaNegli ultimi vent’anni, in Italia, è successo qualcosa che non ha fatto rumore, ma che ha cambiato parecchio: ci siamo abituati. Ci siamo abituati a una politica che parla più in televisione che in Parlamento, a un dibattito pubblico sempre più ridotto a slogan, a una partecipazione civile che si accende a fiammate e poi si spegne. Non c’è stato un punto di rottura, nessun evento traumatico: solo un lento scivolare verso un’idea di cittadinanza più passiva, più spettatrice che protagonista.È per questo che la memoria del 17 novembre 1973 ad Atene può tornare utile. Non perché ci siano analogie immediate — la Grecia di allora viveva sotto una dittatura militare — ma perché quella rivolta mostra un meccanismo universale: quando un gruppo, anche piccolo, riesce a riappropriarsi della parola pubblica, l’intero sistema entra in discussione. Gli studenti del Politecnico non pensavano di fare la rivoluzione; volevano semplicemente dire la loro, e farlo davanti a tutti. È stata la reazione del potere a trasformare la protesta in un evento storico.Guardando all’Italia degli ultimi due decenni, colpisce invece quanto il dissenso sia diventato, poco a poco, qualcosa da osservare con sospetto. Le piazze sono state spesso raccontate come un fastidio, le mobilitazioni come un eccesso, le richieste sociali come capriccio o minaccia. E così ci si è abituati all’idea che un conflitto — normale in una democrazia — vada subito ricondotto all’ordine, neutralizzato, svuotato della sua funzione politica. È un cambiamento lento ma significativo: quando un Paese smette di ascoltare il dissenso, smette di ascoltare se stesso.La storia greca del ’73 ricorda invece che la vitalità democratica nasce proprio da lì: dal fatto che qualcuno, in un momento qualsiasi, decide che è arrivato il momento di dire “non va bene così”, e che la società, nel suo insieme, prenda quella voce sul serio. È un insegnamento che vale anche per noi: non servono eroismi, serve lucidità. E la lucidità, in politica, significa partecipare, discutere, mantenere vivo uno spazio pubblico in cui non sia sempre lo stesso a parlare più forte.Se oggi “tiriamo fiori” su quella memoria, non è per nostalgia, ma per ricordarci una cosa molto semplice: la democrazia non è fatta solo delle grandi occasioni. È fatta dell’attenzione quotidiana, della capacità di non lasciar scivolare tutto, della volontà di non rassegnarsi alla versione più comoda dei fatti. Gli studenti del Politecnico non cambiarono la storia da soli, ma mostrarono che una società può risvegliarsi anche da una piccola crepa. È una lezione che, negli ultimi vent’anni italiani, sarebbe stato utile ricordare più spesso.Il blog Sostenitore ospita i post scritti dai lettori che hanno deciso di contribuire alla crescita de ilfattoquotidiano.it, sottoscrivendo l’offerta Sostenitore e diventando così parte attiva della nostra community. Tra i post inviati, Peter Gomez e la redazione selezioneranno e pubblicheranno quelli più interessanti. Questo blog nasce da un’idea dei lettori, continuate a renderlo il vostro spazio. Diventare Sostenitore significa anche metterci la faccia, la firma o l’impegno: aderisci alle nostre campagne, pensate perché tu abbia un ruolo attivo! Se vuoi partecipare, al prezzo di “un cappuccino alla settimana” potrai anche seguire in diretta streaming la riunione di redazione del giovedì – mandandoci in tempo reale suggerimenti, notizie e idee – e accedere al Forum riservato dove discutere e interagire con la redazione. Scopri tutti i vantaggi!L'articolo La rivolta di Atene del 17 novembre 1973 ci ricorda che la democrazia va coltivata ogni giorno proviene da Il Fatto Quotidiano.