«Per mantenermi agli studi ho sempre lavorato: prima in un bar, poi in un ristorante, poi in un negozio. Mi pagavano 7 euro l’ora, non sempre in regola. Ora me ne danno 400 e posso comprarmi quello che voglio». Giulia B. ha trent’anni e vive in un bilocale nascosto tra i cortili di Paolo Sarpi, a Milano. Frequenta l’università, studia Comunicazione e Criminologia, ma una volta chiusi i libri si dedica al lavoro che le garantisce indipendenza: fa l’escort. Una scelta nata quasi per gioco e diventata routine, scandita da regole rigide e un’organizzazione che non lascia nulla al caso, anche e soprattutto per raggiungere una stabilità economica che sembra sempre più un miraggio. «Decido io cosa vendere e per quanto, a seconda di quello che voglio comprare», dice, rivendicando l’autonomia che ha cercato per anni in altri impieghi.La clientela«L’amore non esiste, il controllo sì». È così che riassume perché continua a farlo, dopo due anni: non solo soldi, ma la possibilità di gestire ogni cosa, dal tempo ai limiti. I clienti arrivano dai siti specializzati, poi vengono filtrati tramite una lunga telefonata: solo chi supera quella selezione entra nel suo mondo. Li vuole educati, benestanti, spesso giovani professionisti. Gli incontri avvengono nel suo appartamento oppure in Airbnb di fascia alta. Pochi, mai più di due o tre nello stesso periodo, ma abituali: «Come in una relazione. A Milano tutto può essere accettato e gestito, anche ciò che altrove sarebbe considerato solo errore di cui vergognarsi».L’organizzazione degli incontriGiulia sa che con alcuni rapporti nasce un’intimità “programmata”: cene, messaggi, viaggi, un coinvolgimento controllato da entrambe le parti. Per lei significa stabilità economica, per loro un accesso esclusivo a una compagnia che non devono giustificare fuori. «Concordiamo tutto al telefono e prima di entrare mi consegnano la busta, a volte con un fiore». Un gesto che lei interpreta come parte del rituale: segna l’inizio di un tempo che non è affetto, ma non è neppure pura transazione.L'articolo «In un ristorante a Milano prendevo 7 euro l’ora, adesso 400». Il lavoro da sex worker per pagarsi gli studi in criminologia: la storia di Giulia B proviene da Open.