Nuovo Imaie allo scontro con Spotify: “Riconosca equi compensi”

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La riedizione del confronto fra Davide e Golia si svolge nel campo della musica, con il Nuovo Imaie a portare avanti una battaglia per i compensi aggiuntivi spettanti agli artisti per l’utilizzazione digitale delle opere. Una contestazione che si è tramutata in azione legale contro Spotify presentata innanzi al tribunale di Milano. “E’ una causa molto importante. Non credo Spotify la farà arrivare a sentenza, ma se così non fosse potrebbe costituire un precedente, con riflessi internazionali”, osserva a LaPresse Andrea Miccichè, presidente del Nuovo Imaie. Il modello di business del colosso dello streaming, spiega, “è quello della messa a disposizione di brani che l’abbonato sceglie. Se sono abbonato e decido di ascoltare una canzone di De Gregori, ad esempio, ci troviamo nel campo dei cosiddetti diritti esclusivi: gli artisti contrattualizzati dalle case discografiche percepiranno le royalties chiudendo il cerchio”. Il Modello SpotifySu questo, dunque, “nulla quaestio”. Il problema, secondo Micciché, è che “su questo modello Spotify ha costruito altre forme di commercializzazione. Se non sono abbonato la piattaforma mi darà la possibilità di ascoltare il brano scelto, ma poi me ne proporrà altri e, se vorrò sentirli, dovrò sorbirmi anche la pubblicità. In questo caso non si può più parlare di messa a disposizione ma Spotify agisce come una vera e propria emittente radiofonica, dove ascoltiamo brani in modo involontario. Il diritto non è più esclusivo e la piattaforma dovrebbe pagare l’equo compenso agli artisti e ai produttori previsto da un altro articolo del codice sul diritto d’autore”. Non solo, aggiunge Miccichè, “da un po’ di tempo Spotify manda in onda video musicali su cui dovrebbe pagare l’equo compenso anche agli attori protagonisti delle clip, e podcast in cui inserisce tracce musicali su cui, anche qui, dovrebbe pagare l’equo compenso”. Infine “una legge sul copyright recepita da qualche anno in Italia prevede che tutti gli artisti, sia primari che comprimari, debbano partecipare ai ricavi generati dall’utilizzo digitale del fonogramma. Di conseguenza Spotify e le case discografiche dovrebbero riconoscere parte dei ricavi a tutti gli artisti, mentre la stragrande maggioranza di questi è pagata a forfait”. “Senza contare”, evidenzia, che il colosso dello streaming “dovrebbe mandare i rendiconti sugli incassi ottenuti dallo sfruttamento dei fonogrammi sull’app non solo alle case discografiche ma anche agli artisti, e non lo fa”. La causa legaleDi fronte alle diffide del Nuovo Imaie “Spotify ha risposto che fa tutto parte della messa a disposizione e dei diritti esclusivi, poi non ci hanno più fatto sapere nulla e noi abbiamo deciso di fare causa”. La piattaforma era stata anche invitata a intervenire a un evento del Nuovo Imaie, in programma oggi a Milano, per dare la propria versione dei fatti ma, racconta Miccichè, “non ci hanno risposto, spero possano parlare ma temo non lo faranno”. In generale, chiarisce, “quello che contestiamo a Spotify è un sistema, utilizzato anche da altri player come Amazon Music, Apple Music e Youtube. Ormai nel digitale c’è un andazzo che punta a comprendere diritti che non sono quelli di esclusiva. Da lì anche la nostra battaglia contro Google, che è stata sanzionata dall’Agcom”.Questo articolo Nuovo Imaie allo scontro con Spotify: “Riconosca equi compensi” proviene da LaPresse